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RAI vince in Cassazione


Pubblicato il: 7/28/2020

Ficarra Antonio è stato rappresentato dall'avvocato Giuseppe Sottile dello studio legale Guido Chiodetti mentre RAI Radiotelevisione Italiana SPA è stata rappresentata dall'avvocato Rosario Salonia dello studio legale Salonia Associati.

Il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda di superiore inquadramento e di risarcimento dei danni proposta da Antonio Ficarra nei confronti di RAI Radiotelevisione Italiana spa. La Corte di appello di Roma ha respinto l'appello del lavoratore; a fondamento del decisum, la Corte territoriale ha osservato come il gravame non cogliesse esattamente le ragioni della decisione di primo grado; in relazione al periodo «febbraio 1998/luglio 2003», il Tribunale aveva respinto la domanda non solo in applicazione del principio di infrazionabilità della domanda ma, altresì, sulla base di
un giudicato esterno, rappresentato da una precedente sentenza intervenuta tra le parti; per il periodo successivo al luglio 2003 (che più interessa ai fini del presente giudizio), la Corte di appello, in estrema sintesi, ha osservato come, in base alle «[...] allegazioni svolte in primo grado, riproposte in appello» ( v. pag. 6 ult. cpv. della sentenza impugnata), il ricorrente non avesse indicato il contenuto mansionistico delle superiori qualifiche rivendicate e tantomeno avesse effettuato il raffronto tra le mansioni svolte e quelle superiori;
ha, quindi, osservato come il Ficarra avesse svolto mansioni compatibili con l'inquadramento riconosciutogli di «programmista regista di 10 livello» (v. pag. 7, I cpv., sentenza Corte di appello) ed, altresì, come «le funzioni svolte, seppure direttive e complesse, connota(ssero) per lo più una piena compatibilità con il livello d'inquadramento all'epoca riconosciuto"» ( pag. 8, I cpv, sentenza Corte di appello); per la cassazione della decisione, ha proposto ricorso Antonio Ficarra, affidato a due motivi;
ha resistito, con controricorso, la RAI Radiotelevisione Italiana SpA;
è stata depositata proposta ai sensi dell'art. 380-bis cod.proc.civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in Camera di consiglio;
la parte ricorrente ha depositato memoria;

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.