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La Corte rigetta il ricorso di Eni S.p.A


Pubblicato il: 1/22/2020

Eni S.p.A è stata rappresentata nel contenzioso dagli avvocati Rosario Salonia e Fabio Massimo Cozzolino di Salonia Associati Studio Legale; gli avvocati Fabio Rusconi dello Studio Legale Rusconi, Gianni Osti dello Studio Osti e Giuseppe Fontana hanno affiancato Loredana Ruga.

Il Tribunale di Firenze, con sentenza del 29.7.2014, respingeva il ricorso in opposizione avverso il decreto che aveva ingiunto alla Toscana Energia Clienti s.p.a. (incorporata dall'ENI s.p.a) il pagamento, in favore di Loredana Ruga, di C 53.269,71 a titolo di t.f.r., in relazione a rapporto di lavoro intercorso tra le parti dal gennaio 2009 al licenziamento del 5 gennaio 2012.
Premesso che la società si opponeva al pagamento del t.f.r. chiedendo la condanna della Ruga al risarcimento del danno patrimoniale quantificato in C 3.939.000, causato alla società dal comportamento gravemente inadempiente agli obblighi scaturenti dal rapporto di lavoro, il Tribunale osservava che la condotta materiale, consistita in attività distrattiva concretizzatasi in operazioni effettuate sui conti bancari intestati all'ENI del tutto irregolari e non giustificate da esigenze operative, era stata ascritta solo alla dipendente Fabbri, laddove la condotta cd. "immateriale", inerente a registrazioni contabili scorrette volte ad occultare gli ingiustificati prelievi di denaro, era stata ascritta integralmente alla Ruga. Tuttavia, il Tribunale concludeva ritenendo che l'opponente non avesse assolto il proprio onere della prova e che pertanto l'opposta non poteva essere chiamata a rispondere dell'omissione del dovere di diligenza connesso ad una mansione alla stessa non attribuita e quindi inesigibile (la Ruga non aveva il compito di controllare le attività contabili, di cassa e di "riconciliazione" bancaria affidate alla Fabbri).
Quanto all'attività consistita in registrazioni contabili scorrette effettuate dall'utenza di cui Ruga era assegnataria, ugualmente ne veniva negata l'addebitabilità alla predetta, sulla base di una serie di valutazioni ed alla stregua di conferme a tale ricostruzione da parte dell'istruttoria orale svoltasi in ordine alla possibilità di venire a conoscenza della password di accesso all'utenza della Ruga da parte della Fabbri, che aveva essa stessa necessità di occultate la condotta dìstrattiva posta in essere; veniva, poi, esclusa l'utilizzabilità della documentazione del processo penale in parte perchè tardivamente prodotta ed in parte perche irrilevante.
Con ordinanza del 1.10.2015, la Corte d'appello di Firenze dichiarava inammissibile l'appello, ritenendo sussistenti ì presupposti per l'applicazione dell'art. 348 bis c.p.c.;
La società domanda la cassazione della sentenza del Tribunale, con ricorso ex artt. 348 ter e 360 c.p.c., affidando l'impugnazione a cinque motivi, cui resiste, con controricorso, la Ruga.
Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell'art. 380 bis. 1 c.p.c.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 5000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell'art.13, comma ibis, del citato D.P.R., ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 19 settembre 2019.