Intesa Sanpaolo vince in cassazione.
Pubblicato il: 4/28/2020
Intesa Sanpaolo è stata affiancata dagli avvocati Lidia Sgotto Ciabattini, Paolo Tosi e Andrea Uberti, mentre Laura Vianello è stata rappresentata dagli avvocati Giandomenico De Francesco e Giancarlo Tonetto.
La Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva rigettato la domanda proposta da Laura Vianello nei confronti di Intesa San Paolo s.p.a. volta ad ottenere l'inquadramento a decorrere dal 1992 nell'Area Quadri con conseguente condanna al pagamento delle differenze retributive maturate, dell'indennità di cassa e di perito estimatore, erogate entrambe solo fino al 2009, e dell'indennità di magazzino.
Il giudice di secondo grado ha evidenziato che la lavoratrice faceva parte di un gruppo di due assistenti ed un quadro direttivo che si occupavano del "servizio pegno" ed ha accertato che la Vianello, in quel contesto, svolgeva i compiti di perito estimatore dei pegni con il limite di C 2.000,00 ad oggetto a decorrere dal 2006 eseguendo attività di cassa per l'erogazione al cliente del denaro e l'incasso degli interessi, rinnovava polizze su pegno, effettuava i riscatti, gestiva le pratiche di smarrimento delle polizze e contabilizzava le attività svolte, forniva consulenze non vincolanti sul valore degli oggetti. Ha poi accertato, in esito all' esame delle declaratorie professionali, che l'inquadramento riconosciutole era corretto tenuto conto del fatto che dall'istruttoria era emerso che le funzioni di cassa e maneggio danaro erano prevalenti e che la Vianello, per le stime di oggetti con valore superiore ai C 2.000,00, si coordinava con il quadro che era responsabile dell'ufficio. In definitiva la Corte di merito ha escluso che la lavoratrice fosse investita di quell' elevata responsabilità funzionale e fosse in possesso della preparazione professionale che insieme all' esercizio dei poteri di rappresentanza verso i terzi caratterizzavano la qualifica rivendicata.
Quanto alla domanda di riconoscimento delle indennità già percepite dalla lavoratrice ed asseritamente decurtate unilateralmente dalla datrice di lavoro, va rilevato che il giudice di appello, al pari di quello di primo grado, ha evidenziato che nel censurare il diniego da parte del giudice di primo grado la ricorrente si era limitata a contestare la illegittimità della riduzione unilaterale della retribuzione ma non considera né censura l'affermazione della sentenza con la quale si era posto in rilievo che la decurtazione era conseguenza di un accordo sindacale del 29 gennaio 2009 che aveva escluso la cumulabilità dell'indennità di cassa con l'indennità di pegno.
Con riguardo all'indennità di magazzino, poi, la Corte territoriale ha evidenziato che neppure nel ricorso in appello erano stati forniti elementi di valutazione utili a meglio precisare il contenuto della pretesa ed a chiarire le stesse fonti della chiesta indennità.
Per la cassazione della sentenza propone la Vianello che articola tre motivi ai quali resiste Intesa San Paolo s.p.a. con controricorso che deposita anche memoria illustrativa.
Per questo motivo la Corte, rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in C 3000,00 per compensi professionali, e 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.