Poste Italiane vince in cassazione.
Pubblicato il: 5/12/2020
L'avvocato Paolo Tosi ha rappresenato Poste Italiane nel contenzioso, mentre Salvatore Caiazzo è stato affiancato dall'avvocato Sergio Galleano.
La Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale della medesima sede ex art. 1, comma 57, della legge n. 92 del 2012, ha - con sentenza n. 1063 del 31.5.2018 - respinto la domanda di annullamento del licenziamento per giusta causa intimato con lettera del 21.1.2016 da Poste Italiane s.p.a. a Salvatore Caiazzo, Responsabile di struttura complessa con mansioni di Responsabile gestione operativa della filiale di Lodi, per aver posto in essere una pluralità di operazioni irregolari volte all'emissione di un vaglia postale senza immediato versamento della provvista mediante il coinvolgimento spontaneo di altre dipendenti di cui ha carpito la fiducia.
La Corte, ritenendo sussistente la giusta causa del licenziamento (derubricato, dal Tribunale, in licenziamento per giustificato motivo soggettivo) ha respinto il reclamo proposto dal lavoratore, rilevando che i fatti, pienamente accertati in sede istruttoria (di fonte testimoniale e documentale), dovevano ritenersi integrare gli estremi della giusta causa, e in specie la previsione dell'art. 54, comma VI, lett. k), del c.c.n.l. di settore, essendo emerso che il Caiazzo, pur di far fronte ad un proprio debito personale, non aveva esitato a porre in essere e a far porre in essere una serie di operazioni contrarie alle leggi, regolamenti e doveri di ufficio, carpendo la fiducia riposta nei suoi confronti dagli altri colleghi in ragione sia della stima nutrita sia della posizione sovraordinata e di responsabilità rivestita in azienda (seppur non direttamente nei loro confronti).
Per la cassazione di tale sentenza Salvatore Caiazzo ha proposto ricorso affidato a due motivi. La società resiste con controricorso, illustrato da memoria.
Per questo motivo la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.