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La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da Poste Italiane.


Pubblicato il: 7/16/2020

Poste Italiane SpA è stata affiancata dall'avvocato Paolo Tosi, mentre Cristina Mario è stato rappresentato e difeso dall'avvocato Oronzo De Donno.

Cristina Mario adiva il Tribunale di Varese al fine di ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto a due contratti di lavoro intercorsi con Poste Italiane s.p.a. nei periodi 6/4/2007-29/9/2007 e 22/10/2007-29/2/2008; il Tribunale dichiarava la nullità del primo dei contratti e la sentenza veniva confermata in appello.

In seguito a ricorso di Poste Italiane s.p.a., la Corte di Cassazione cassava la sentenza d'appello, rimettendo al giudice del rinvio l'esame in ordine alla illegittimità del termine in relazione ai contratti in controversia diversi dal primo.

La Corte d'appello di Milano, decidendo in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, nell'esaminare il secondo contratto intercorso tra le parti, riteneva sufficientemente specifica la causale apposta (per ragioni organizzative dovute alla necessità di fare fronte alla temporanea carenza di personale di sportelleria di cui al piano di mobilità aziendale, l'applicazione del quale avrebbe comportato l'individuazione della risorsa da assegnare in via definitiva alla posizione nel frattempo occupata dal lavoratore) ma riteneva illegittima l'apposizione del termine per il mancato assolvimento da parte del datore di lavoro dell'onere probatorio circa l'effettiva sussistenza delle ragioni organizzative ricollegabili all'assunzione, poiché dall'attività istruttoria espletata e, in particolare, dalle dichiarazioni rese dal direttore dell'ufficio, risultava che presso la sede di Brebbia, ove il ricorrente lavorava, non vi era la temporanea esigenza organizzativa dedotta quale ragione dell'assunzione ma una situazione di carenza strutturale dell'organico del personale di sportelleria che si protraeva nel tempo.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione Poste Italiane s.p.a. sulla base di un unico motivo; il lavoratore resiste con controricorso; la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Per questo motivo la Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi C 3.200,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo, titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.