Notizie

MF - I ranking di Class Editori | Best of

Abd El Malak Peter vince in Cassazione


Pubblicato il: 12/12/2019

Mcdonald's Development Italy LLC è stata rappresentata nel contenzioso dagli avvocati Alberto Maggi, Stefano Parlatore e Daniele Geronzi di Legance; Abd El Malak Peter è stato invece affiancato dagli avvocati Gigliola Mazza Ricci e Nicola Coccia.

La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 16.3.2018, respingeva il reclamo avverso la decisione del Tribunale della stessa città, che aveva rigettato il ricorso in opposizione di Mc Donald's Devolopment Italy Llc, confermando l'ordinanza emessa il 23.6.2017 a seguito della fase sommaria ex lege 92/2012. L'ordinanza aveva accertato la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 15.10.2013, dichiarando illegittimo il licenziamento impugnato da Peter Abd El Mallak ed aveva condannato la società a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro, nonchè al pagamento di un'indennità risarcitoria dalla data del licenziamento fino alla reintegra.

La Corte milanese osservava che dai dati documentali acquisiti risultavano due distinti rapporti di lavoro tra le parti, il primo dei quali, avente inizio dal 14 ottobre 2013, era ricondotto dalle parti ad un contratto di lavoro accessorio ed il secondo, intervenuto alla scadenza del primo, con inizio dal 20.12.2013, a contratto di apprendistato professionalizzante della durata di 36 mesi, con allegato piano formativo individuale.

Premesso che il primo dei contratti costituiva uno strumento finalizzato a regolarizzare attività lavorative non riconducibili a tipologie contrattuali tipiche del lavoro subordinato, autonomo o ad attività professionali, ma a mere prestazioni di lavoro alle quali assicurare le tutele minime previdenziali ed assicurative, allo scopo di contrastare forme di lavoro irregolare, la Corte osservava che nella specie il lavoratore era stato sempre inserito nei turni di lavoro predisposti dalla società ed assegnato ai diversi reparti del negozio di Assago, al pari di colleghi stabilmente assunti.

Aggiungeva che vi era stata per tutta la durata dei successivi e consecutivi rapporti una soggezione ad orari indicati dalla società ed alle direttive impartite dalla stessa in persona dei suoi responsabili, per cui non era rinvenibile una ragione effettiva per distinguere tra due diverse tipologie contrattuali, non essendo scontato che il lavoratore avesse avuto nemmeno per il successivo rapporto di apprendistato una reale formazione.

Rilevava che la prova orale orientava nel senso di ritenere che si era fatto ricorso ad una utilizzazione da parte della società di due forme contrattuali al fine di coprire mansioni relativamente semplici nell'ambito di un unico e prolungato rapporto precario, secondo uno schema del tutto favorevole alla società.

Evidenziava che il limite quantitativo fissato dall'art. 70 d. Igs. 276/2003 (quello di C 2000,00) riferito ai compensi percepiti per prestazioni accessorie in favore di un singolo committente nel corso dell'anno solare dovesse essere interpretato come compenso lordo e non netto, e che, poiché il valore del voucher era pari a 10,00 C, i 2000,000 C di compenso massimo corrispondevano a 200 vouchers e quindi a 200 ore che il lavoratore poteva prestare nei confronti del singolo committente nel corso di un anno solare.

Avendo il lavoratore prestato incontrovertibilmente 231 ore di lavoro accessorio, per un reddito imponibile di C 2310,00, il limite era stato nella specie superato, con la conseguente trasformazione del rapporto di lavoro accessorio in rapporto di lavoro subordinato.

La Corte riteneva che, sulla base di invalsa consuetudine espressiva, per compenso doveva intendersi la retribuzione per il lavoro eseguito e che, dal confronto tra i due commi dell'art. 72 (uno riferito al compenso, l'altro alle spettanze corrisposte dal datore), il compenso doveva essere inteso come valore nominale del voucher, ossia quale somma lorda rappresentata dallo stesso, in quanto, a giudicare diversamente, il limite di liceità per il ricorso al lavoro accessorio sarebbe stato di 2666,66 ore.

La disposizione, per la sua finalità antielusiva, doveva essere interpretata in modo semplice, ossia in modo conforme alla consuetudine anche lessicale seguita, e non come somma di danaro concretamente riscossa dal lavoratore pari al 75% del valore nominale del voucher.

Di tale decisione domanda la cassazione la società, affidando l'impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, il lavoratore.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell'art. 378 c.p.c.

La Corte rigetta il primo motivo e dichiara inammissibile il secondo. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 5000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell'art.13, commalbis, del citato D.P.R., ove dovuto.