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Poste Italiane SpA vince in cassazione.


Pubblicato il: 10/9/2020

Castelli Stefano è stato rappresentato dall'avvocato Franco di Teodoro, mentre l'avvocato Marco Marazza, dello studio Marazza e Assocati ha difeso Poste Italiane SpA nel contenzioso.

Poste Italiane spa, con atto del 21.10.2015 in relazione alla contestazione dell'11.9.2015, ha intimato a Castelli Stefano, dipendente della società e dal febbraio 2013 titolare, con mansioni di portalettere presso il CPD di San Benedetto del Tronto della zona di recapito n. 28, il licenziamento disciplinare per scarsa diligenza e per una perdurante inosservanza degli obblighi e dei doveri di servizio nello svolgimento della sua attività.

Impugnato il provvedimento di recesso, il Tribunale di Roma, con l'ordinanza del 6.12.2016 ha rigettato il ricorso ritenendo: a) la legittimità del licenziamento in ordine alle dedotte violazioni di cui all'art. 7 della legge n. 300 del 1970, b) l'integrale conferma, dall'istruttoria espletata e dai documenti in atti, dell'oggetto delle contestazioni addebitate al dipendente; c) la proporzionalità ai fatti della sanzione applicata; d) l'assenza di profili costituenti condotte discriminatorie in danno del lavoratore.

A seguito di opposizione ex art. 1 commi 51 e ss legge n. 92 del 2012, proposta da Castelli Stefano, lo stesso Tribunale, con la pronuncia n. 4381 del 2018, ha reputato corretta la valutazione delle emergenze probatorie effettuata in fase sommaria; legittimo il recesso perché i fatti addebitati avevano dimostrato un pervicace ritardo nella esecuzione della prestazione e delle direttive ricevute da parte del dipendente, manifestatosi attraverso la consegna della corrispondenza a macchia di leopardo senza alcuna plausibile giustificazione, causando notevoli disservizi; insussistente l'asserita violazione degli artt. 3 e 4 della legge n. 300 del 1970 che si riferivano pacificamente a controlli affidati a personale esterno; proporzionata la sanzione ex art. 54 co. 5 lett. c) del CCNL 2001, avuto riguardo all'intenzionalità della condotta posta in essere dal ricorrente nell'esercizio e con abuso delle proprie funzioni, oltre che per precedenti disciplinari specifici.

La Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 3624 del 2018, ha rigettato il reclamo presentato ai sensi dell'art. 1 co. 58 legge n. 92 del 2012 confermando la gravata decisione.


La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.