Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso proposto da Amplifon nei confronti di ASUR Marche
Pubblicato il: 5/21/2021
Nel procedimento Amplifon S.p.A. è stato rappresentato dall'Avvocato Giuseppe Franco Ferrari, mentre ASUR Marche è stato rappresentato dall'Avvocato Gianfranco Borgani.
Oggetto del presente contenzioso è l’applicabilità automatica o meno della maggiorazione del 9% sui prezzi delle protesi acustiche a norma dell’art. 2, comma 380 della l. n. 244/2007.
Con la sentenza appellata il giudice di primo grado ha respinto il ricorso proposto dall’odierna parte appellante, a seguito della riassunzione del giudizio in esito alla sentenza n. 4374 del 26 giugno 2019, di questa Sezione, che ha ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo sulla presente controversia.
Il T.A.R., infatti, ha condiviso l’interpretazione dell’art. 2, comma 380, della legge n. 244 del 2007 offerta prima dal giudice civile di Ancona (sentenza n. 1971 del 2016) e poi dall’ASUR, nell’atto impugnato, secondo cui la maggiorazione in discorso è subordinata all’adozione, da parte della Regione, di un apposito tariffario. Ciò sulla base delle seguenti considerazioni: “- “la garanzia dei LEA non implica una necessaria, piena omogeneità sul territorio nazionale dei corrispettivi per le prestazioni degli operatori sanitari ma una garanzia di accesso a tutti i cittadini ad un livello minimo di prestazioni essenziali, per assicurare il quale è riconosciuto allo Stato il potere di fissare la tipologia, la quantità e la qualità di prestazioni cui tutti gli utenti hanno diritto nell'intero territorio nazionale” (cfr., Cons. giust. Amm. Sicilia, sez. giurisd., 19 gennaio 2015, n. 16); - il contemplato aumento del 9% è riferito alle tariffe fissate quali tariffe “massime” dall’art. 4 del d.m. della salute del 12 settembre 2006; ciò comporta la potestà delle Regioni di stabilire, ai sensi dell’art. 8 del d.m. n. 332 del 1999, in relazione alle risorse finanziarie disponibili, i prezzi massimi di remunerazione dei dispositivi sanitari in favore dei fornitori (in tal senso, sarebbe l’orientamento espresso dal T.A.R. Umbria, Perugia, 19 settembre 2016, con le sentenze n. 615 e n. 616, con le quali è stata affermata la legittimità della d.G.R. n. 332 del 2015, con cui la Regione Umbria si era avvalsa della possibilità di ridurre le tariffe nell’ambito del livello massimo di quelle da corrispondere ai soggetti erogatori; il T.A.R. ha ritenuto che a ciò non fosse di ostacolo la prevista possibilità di modifica delle tariffe solo in sede di prima applicazione del decreto n. 332 del 1999 (art. 8, comma 1), dal momento che l’omesso esercizio del potere di intervento statale sul regime tariffario non potrebbe paralizzare quello regionale, ove i costi del dispositivi a carico del servizio sanitario non siano più coerenti con le risorse disponibili); - pertanto, sebbene, come precisato anche dall’anzidetta circolare ministeriale, l’aumento del 9% incida direttamente sugli importi fissati come tariffe massime, esso non potrebbe essere applicato dalle Aziende sanitarie senza la previa approvazione di un tariffario regionale; ciò sia per l’esigenza di rispettare i livelli di spesa programmati e le risorse finanziarie disponibili, che costituisce un principio di carattere generale ineludibile in materia di spesa sanitaria a carico del servizio sanitario pubblico, sia perché le Regioni sarebbero tenute definire il proprio tariffario entro gli importi massimi consentiti, in base ad autonome valutazioni e nel rispetto dei vincoli di spesa;
- lo stesso art. 4 del d.m. 12 settembre 2006, espressamente richiamato dall’art. 2, comma 380, della l. n. 244 del 2007, nel prevedere che “gli importi tariffari stabiliti con provvedimenti regionali e superiori alle tariffe massime di cui al comma precedente, restano a carico dei bilanci regionali per la parte eccedente le tariffe di cui al medesimo comma”, fa salvo il potere regionale di determinazione delle tariffe, che possono anche essere incrementate, a discrezione della Regione, rispetto a quelle massime di cui al d.m. n. 332 del 1999, con oneri a suo carico.
Per questo motivo il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza n. 193 del 2020, annulla il provvedimento gravato.