La Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto da Trenitalia S.p.A.
Pubblicato il: 4/22/2022
Trenitalia S.p.A è stata rappresentata nel contenzioso dall'avvocato Marco Cappelletto mentre Francesco Benedetto Bonanno è stato difeso dall'avvocato Lucio Spampatti.
La Corte di appello di Venezia, confermando la sentenza del Tribunale della medesima sede, ha – con sentenza n. 434 depositata l’1.8.2019 – accolto la domanda di annullamento del licenziamento per giusta causa intimato da Trenitalia s.p.a., in data, 29.7.2016, a Francesco Benedetto Bonanno, per aver riscontrato – in qualità di Capotreno – un notevole numero di irregolarità su titoli di viaggio dei viaggiatori (175 nel biennio 2014/2016), procurandosi un vantaggio corrispondente alle provvigioni superiori a quelle contrattualmente previste (pari a circa 400 euro in 2 anni).
La Corte di appello ha rilevato che, da un punto di vista oggettivo, la condotta assunta dal dipendente – ricostruita attraverso un quadro probatorio presuntivo ed incerto soprattutto sulle modalità di elevazione delle tipologie di irregolarità, sui possibili limiti dell’applicativo, su “prassi” tollerate - ben poteva consigliare maggior cautela al datore di lavoro; da un punto soggettivo, seppur era emerso uno “zelo non comune” del Bonanno, inflessibile ed estremamente puntiglioso nell’elevare contravvenzioni, gli elementi probatori raccolti non consentivano di configurare una condotta dolosa o fraudolenta costituente reato con finalità esclusive di lucro né la mala fede contro l’azienda ma semmai un comportamento di imprudenza, negligenza attestata da oggettivi errori nello svolgimento dell’attività di controllo dei biglietti, e la locupletazione di provvigioni (per somma modesta se spalmata nel biennio) era un effetto indiretto “dell’eccesso di zelo”; la violazione di norme regolamentari era sanzionata, dal CCNL di settore, con misura conservativa e, inoltre, non poteva ritenersi sussistente il dolo diretto finalizzato all’appropriazione di somme o a danneggiare l’azienda o i terzi, con conseguente applicazione del regime sanzionatorio dettato dall’art. 18, comma 4, della legge n. 300 del 1970. 3. Per la cassazione di tale sentenza la società Trenitalia ha proposto ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria. Il lavoratore ha resistito con controricorso.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.