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La Corte rigetta il ricorso di Monti Michele contro Marina di Casamicciola Srl Unipersonale


Pubblicato il: 3/1/2022

Monti Michele è stato rappresentato da Pasquale Pacifico. Marina di Casamicciola Srl Unipersonale è stata difesa da Gaetano Ottato.

La società Marina di Casamicciola s.r.l. in liquidazione attivava procedura di mobilità, comunicando l'esubero di 16 unità lavorative e prospettando la necessità di procedere al licenziamento del personale per revoca dell'appalto del settore multiservizi da parte del Comune di Casamicciola; successivamente, a seguito della proroga del servizio appaltato e della riduzione del corrispettivo dell'appalto del 50%, conclusa la procedura di licenziamento collettivo in assenza di accordo con i sindacati, la società comunicava il licenziamento a otto operai, tra cui Monti Michele, dipendente con mansioni di necroforo presso il cimitero comunale; dichiarata l'inefficacia del licenziamento collettivo per violazione dei criteri di scelta da parte del Tribunale con sentenza 4622/15 e disposta la reintegrazione del Monti, la società procedeva al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, intimato il 9/4/2015, costituito dalla soppressione del rapporto di lavoro per cessazione del servizio cimiteriale come dell'intero settore dei servizi di global service a seguito della revoca dell'appalto in relazione a detto settore; il Tribunale di Napoli, con sentenza 6043 del 2016, rigettava il ricorso in opposizione ex art. 51 I. 92/2012, proposto dalla società Marina di Casamicciola s.r.l. in liquidazione avverso l'ordinanza che aveva accolto l'impugnativa del licenziamento; disposta la reintegra del lavoratore, la società procedeva a intimare il 26/8/2016 altro provvedimento di risoluzione del rapporto di lavoro per assenza di mansioni da affidare al lavoratore; con sentenza n. 3307 del 2018 il Tribunale confermava l'ordinanza resa nella fase sommaria ex legge 92/2012, con la quale era stata respinta l'impugnazione di licenziamento intimato allo stesso lavoratore dalla società.

La Corte d'appello, previa riunione dei processi, in riforma delle sentenze impugnate (n. 6043 del 2016 e n. 3307 del 2018) dichiarava legittimo il licenziamento del 9/4/2015 e cessata la materia del contendere con riguardo al licenziamento intimato il 26/8/2016, compensando tra le parti le spese di tutti i gradi.

La Corte d'appello osservava che il licenziamento collettivo era stato conseguente a una riduzione del 50% della forza lavoro a seguito di proroga del contratto di appalto, con riduzione nella misura del 50% del compenso, laddove il recesso per g.m.o., intervenuto dopo la reintegra del lavoratore, era motivato dalla definitiva cessazione dell'appalto del servizio cimiteriale cui il Monti era addetto e dall'impossibilità di adibizione dello stesso agli altri servizi gestiti in regime di proroga, porto e eliporto, settori già saturi e richiedenti specifici titoli non in possesso del lavoratore. Rilevava la Corte che, qualora un licenziamento collettivo fosse stato dichiarato inefficace per un vizio procedurale, era consentito, secondo l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, procedere a un nuovo licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, basato sugli stessi motivi sostanziali del precedente recesso. Evidenziava che, in ogni caso, il motivo posto a base del licenziamento individuale, cioè la definitiva cessazione dell'appalto per impossibilità di adibire il Monti ad altre attività nell'ambito della propria organizzazione, era diverso dalla ragione posta a fondamento del licenziamento collettivo, legato alla riduzione dell'appalto. Osservava che la reintegra dell'agosto 2014 era avvenuta in ottemperanza del provvedimento del giudice, sicché la società era stata obbligata in tal senso, e che, in assenza di contestazione sul punto, doveva ritenersi che dopo la reintegra il Monti non avesse svolto alcuna mansione. Rilevava, inoltre, che la società aveva assolto l'onere probatorio circa l'impossibilità di adibire il Monti ad altre attività, poiché i settori porto ed eliporto, ancora operanti, oltre ad essere saturi, richiedevano specifici titoli non in possesso del lavoratore (patente nautica, brevetto per trasmissioni radiotelefoniche ed altro) e che la cessazione del rapporto alla data del 9/4/2015 aveva reso tamquam non esset il successivo licenziamento del 26/8/2016.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Michele Monti sulla base di quattro motivi. La società ha resistito con controricorso.