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La Corte rigetta il ricorso di Pia Fondazione Piero Piccinelli Onlus contro INAIL


Pubblicato il: 4/1/2022

Pia Fondazione Piero Piccinelli Onlus è stata rappresenta da Ferdinando Della Corte e Simone Scelsa. I.N.A.I.L. è stata rappresenta da Giandomenico Catalano e Lorella Frascona.

Il Tribunale di Bergamo accoglieva parzialmente il ricorso proposto dall'odierna Fondazione nei confronti dell'INAIL.

Controversa la classificazione dell'attività assistenziale e alberghiera fornita dalla predetta in favore degli ospiti della struttura, attraverso le prestazioni del personale ASA (assistenti socio-assistenziali), il Tribunale giudicava che l'attività in questione fosse complementare a quella di assistenza sanitaria, pure prestata dalla Fondazione in epigrafe (di seguito anche solo Fondazione), e che, pertanto, andasse inquadrata nella voce di tariffa propria di quest'ultima ( la 0311) e non nella diversa voce in cui l'aveva inquadrata l'Inali ( la 0312).

 La Corte d'appello di Brescia, in accoglimento dell'impugnazione dell'INAIL, ha, invece, integralmente rigettato la domanda della Fondazione.

Per quanto qui di rilievo, la Corte d'appello ha, in primo luogo, respinto l'eccezione preliminare di inammissibilità dell'appello per violazione dell'art.434 cod.proc.civ. A tale riguardo, ha osservato come l'atto di impugnazione indicasse i motivi di censura e le statuizioni giudicate erronee nonché, seppur implicitamente, la soluzione che il giudice avrebbe dovuto adottare.

Nel merito, premessa la questione controversa -relativa appunto all'inquadramento, ai fini del regime tariffario applicabile, dell'attività socio-assistenziale svolta dalla Fondazione attraverso le prestazioni fornite dal personale ASAha riportato le reciproche difese: da un lato, la tesi dell' Inail che, sul presupposto della natura autonoma dell'attività in oggetto rispetto a quella dell'assistenza sanitaria, richiedeva il premio sulla base dell'inquadramento nella voce di tariffa 0312 (riguardante le strutture assistenziale), dall'altro, quella della Fondazione, fatta propria dal giudice di primo grado, secondo cui l'attività di assistenza prestata dagli ASA dovesse considerarsi complementare a quella sanitaria (in considerazione del fatto che tutti gli ospiti sono malati e a causa della loro patologia cronica o stabilizzata devono essere curati presso l'ente) e, pertanto, fosse da inquadrare, come attività strumentale, nella voce di tariffa propria delle attività sanitarie (n.0311).

La Corte territoriale ha ritenuto di condividere la prospettazione dell'Istituto assicuratore.
In proposito, ha osservato come l'Ente offrisse un servizio di accoglienza residenziale, per lo più permanente, a soggetti non autosufficienti, per malattie, avendo come obiettivo lo svolgimento di attività sanitaria ma, al contempo, anche di natura assistenziale, garantendo ospitalità, recupero e mantenimento dell'autonomia psicofisica degli ospiti. 8. In particolare, ha evidenziato come la Fondazione assicurasse tutte le attività finalizzate a mantenere e/o a rafforzare le capacità funzionali, motorie, cognitive e relazionali dei degenti; che, dunque, la finalità dell'ente fosse quella, da un lato, di curare, dal punto di vista medico, gli ospiti accolti ma, dall'altro, (anche) quella di assistere gli stessi nell'espletamento di tutte le attività quotidiane: in definitiva, a garantire, a lungo termine, assistenza sia di tipo sanitario, sia di natura meramente socio-assistenziale, con riferimento agli aiuti personali per la mobilizzazione, l'igiene personale, le attività di alimentazione, le attività ricreative o culturali, le prestazioni di tipo alberghiero, ecc.

Nello specifico, la Corte territoriale ha, poi, evidenziato come la descritta attività fosse garantita attraverso un organico composto di ottantatré ASA, per lo svolgimento dell'attività assistenziale, cinque terapisti per lo svolgimento dell'attività di fisioterapia, quindici infermieri professionali per l'attività infermieristica, oltre un coordinatore. Ha osservato ancora che, per lo svolgimento dell'attività medica, la Fondazione non avesse, in forza, alcun medico e si servisse di tre professionisti, in qualità di collaboratori. 

A fronte di tale quadro fattuale, la Corte territoriale ha ritenuto, dopo il richiamo della normativa di riferimento e dei principi che la informano, configurabile un'attività «complessa», nell'ambito della quale entrambe le attività (quella strettamente sanitaria e quella socio-assistenziale) fossero autonome, benché tra loro interagenti, in quanto ciascuna tesa a realizzare, attraverso cicli di operazioni differenti, l'obiettivo della struttura, ovvero quello di garantire agli ospiti sia il servizio sanitario che quello assistenziale (e non, principalmente, quello sanitario, come nelle strutture ospedaliere o nelle cliniche o case di cura).

Gli addetti alla attività socio-assistenziale dovevano, perciò, essere assicurati per un rischio proprio, diverso, dal punto di vista della sicurezza, da quello tipico del personale operante in strutture esclusivamente sanitarie. Avverso la decisione, ha proposto ricorso la Fondazione, articolato in tre motivi, successivamente illustrato con memoria.
L'Inail ha resistito con controricorso. 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in Euro 8.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.