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Opere abusivamente realizzate. Respinto il ricorso della Cooperativa Mirjac


Pubblicato il: 2/3/2023

Nel procedimento la società Cooperativa Mirjac è affiancata dall'avvocato Carlo Colangelo; Roma Capitale è difesa dagli avvocati Cristina Montanaro e Alessia Alesii.

La Società Cooperativa sociale Onlus Mirjac ha avanzato ricorso contro Roma Capitale per la riforma della sentenza del TAR Lazio n. 125/2018.

La società ha impugnato la sentenza con la quale il TAR aveva respinto il ricorso proposto per l'annullamento della determinazione dirigenziale recante l'ordine di demolizione di opere abusivamente realizzate.

Il TAR ha rilevato che le opere contestate sono state realizzate in assenza di titolo abilitativo e su suolo di proprietà pubblica, malgrado l’astratta conformità delle stesse alla disciplina urbanistica di riferimento, sicché l’amministrazione comunale non poteva che ordinarne la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi, ai sensi art. 35 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, trattandosi di attività vincolata.

Secondo l’appellante non si sarebbe tenuto conto della disciplina del PRG, richiamata, tra l’altro, nella relazione tecnica del funzionario del Municipio XIII, in data 4 luglio 2016, dove si legge “l’immobile ricade in base al Piano Regolatore Generale vigente nel Sistema Insediativo dei Servizi verde pubblico e servizio pubblico di livello locale”: destinazione in conformità alla quale la cooperativa ha svolto la sua attività, autorizzata originariamente dalla convenzione firmata con Roma Capitale e confermata successivamente sia dai diversi patrocini del medesimo Comune di Roma e del Municipio XIII. Sostiene l’appellante che le strutture fisse ivi realizzate, “quasi tutte removibili”, non avrebbero fini speculativi ma soltanto assistenziali, come riconosciuto nell’atto di accertamento dei Vigili e nella stessa determinazione impugnata. Inoltre le strutture in discorso essendo installate su terreno comunale apparterrebbero al comune rappresentando una miglioria, “che non dovrebbe essere valutata sotto il profilo strettamente urbanistico ma, piuttosto, sotto il profilo funzionale e sociale”.

Il Consiglio di Stato dalla lettura del ricorso di primo grado e dell’atto di appello, evince come la cooperativa non contesti che le opere in questione, analiticamente descritte nel provvedimento impugnato, siano state realizzate in assenza di permesso di costruire o di qualsivoglia titolo abilitativo. È, dunque, pacifico che le opere di che trattasi, fisse o amovibili, siano abusive. La circostanza che siano state realizzate su area di proprietà comunale non ne elide ma, anzi, ne conferma l’abusività alla stregua dell’art. 35, comma 1, del testo unico dell’edilizia. Ne discende che, come correttamente ritenuto dal TAR, l’attività posta in essere con la determinazione dirigenziale impugnata è vincolata, non potendosi, pertanto, configurare il dedotto eccesso di potere per asserito difetto di proporzionalità.

Il Consiglio di Stato, definitivamente pronunciando sull'appello, lo respinge.

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