Respinto il ricorso di Wassily per il riconoscimento della certificazione IAFR
Pubblicato il: 5/22/2023
Nel contenzioso, la società Wassily s.r.l. è affiancata dagli avvocati Francesco Saverio Marini e Andrea Sticchi Damiani; Gse - Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. è assistita dagli avvocati Gianluigi Pellegrino e Antonio Pugliese.
La società Wassily s.r.l. ha proposto il ricorso di primo grado n. 4693 del 2013 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, avverso il provvedimento del Gestore dei servizi energetici prot. n. P20120230479 del 28 febbraio 2013, con cui è stata respinta la sua domanda di riconoscimento della qualifica di impianto alimentato a fonti rinnovabili (IAFR) presentata in data 12 settembre 2012 ai sensi del decreto del Ministero dello sviluppo economico 18 dicembre 2008 e in relazione all’impianto denominato “Tabanaro” di potenza pari a 0,999 MW, sito nel Comune di Torremaggiore.
Il Gestore dei servizi energetici si è costituito nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso.
Con l’impugnata sentenza n. 9059 del 9 luglio 2019, il T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, sezione terza ter, ha respinto il ricorso e ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in euro 3.000, oltre agli accessori di legge.
Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 27 settembre 2019 e in data 2 ottobre 2019 – la parte privata ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando due motivi.
Tramite il primo motivo d’impugnazione l’appellante ha lamentato «Illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il primo motivo di ricorso: illegittimità del sindacato del G.s.e. sui titoli abilitativi inerenti all’impianto». In sintesi, ad avviso della società interessata, non vi sarebbe in capo al Gestore dei servizi energetici il potere di sindacare l’idoneità del titolo abilitativo assentito per la realizzazione dell’impianto oggetto di richiesta qualifica IAFR. Siffatta censura è infondata.
Mediante la seconda doglianza la società interessata ha dedotto «Illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto correttamente motivato il provvedimento del Gse in punto di non correttezza del titolo abilitativo». Segnatamente la parte privata avrebbe dei titoli abilitativi dell’impianto «definitivamente consolidati nell’ordinamento», ovverosia quelli rilasciati per altra particella limitrofa e mai impugnati o annullati in autotutela. Inoltre il T.a.r. avrebbe «inammissibilmente integrato la laconica e insufficiente motivazione posta dal GSE a sostegno dell’inidoneità dei predetti titoli». Tale motivo è infondato.
Alla luce di ciò, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 8002 del 2019, come in epigrafe proposto, lo respinge.