Rigettato il ricorso dell'Agenzia delle Entrate contro Gruppo PAM e Gecos S.p.A.
Pubblicato il: 1/12/2023
Nella vertenza, Gecos e Gruppo Pam sono state assistite nei vari gradi di giudizio dal team di avvocati: Loris Tosi, Antonio Franchini con il dottore commercialista Antonio Viotto, e con gli avvocati Andrea Manzini e Roberto Tieghi.
Come si legge nella sentenza impugnata, in seguito a verifica del Nucleo di Polizia Tributaria di Venezia relativa agli anni 2003/2007, conclusasi con un P.V.C. del 2/11/2009, con la quale fu contestata la contabilizzazione, sul libro giornale e sui registri Iva degli acquisti e delle vendite degli anni dal 2003 al 2006, di operazioni soggettivamente inesistenti inserite nel contesto di frodi carosello, in cui i fornitori di PAM (I Dogi e Alinghi Trade) avevano avuto il ruolo di broker (rivenditori intermediari), PAM quello di filtro ("buffer") ed Erre Trading e Florentia Trade quello di cessionarie di cellulari che avevano dato avvio alla frode.
L'Agenzia delle Entrate, Direzione regionale del Veneto, emise nei confronti del Gruppo PAM s.p.a. avvisi di accertamento, relativi all'anno 2005, con i quali recuperò a tassazione imposte evase ai fini IRES, IRAP e IVA, indicando componenti negativi e detraendo illecitamente la relativa Iva, mentre, in data 16/11/2011, Equitalia Nord s.p.a. notificò cartella di pagamento a seguito di iscrizione a ruolo ex art. 15 d.P.R. 1973, n. 602, di un terzo degli importi, dovuti alla presentazione di ricorsi davanti alla C.T.P.
Per i medesimi fatti, erano stati in precedenza emessi due distinti avvisi di accertamento, relativi agli anni 2003 e 2004, collegati a quelli in contestazione, che,tempestivamente impugnati, erano stati annullati in primo grado con sentenza confermata dalla C.T.R.
Impugnati dalla PAM s.p.a. e dalla consolidante GECOS s.p.a. gli avvisi di accertamento e la cartella relativa al 2005, la C.T.P. di Venezia, riunite le cause, rigettò i ricorsi con sentenza n. 102/13/13, sostenendo che le società cedenti fossero subalterne a PAM e di fatto utilizzate come schermo e, quanto ai rapporti con le società estere realizzatrici della frode comunitaria, che mancasse la diligenza richiesta.
Presentati da PAM e da GECOS distinti appelli, la C.T.R. per il Veneto, previa loro riunione, riformò la sentenza appellata con sentenza n. 663/30/15, con la quale dichiarò l'illegittimità degli atti impugnati e condannò l'Ufficio alla rifusione delle spese del giudizio.
Avverso questa sentenza, l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a quattro motivi, illustrati anche con memoria, mentre le contribuenti si sono difese con controricorso, illustrato anche con memoria.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 35.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.