Accolto il ricorso di Telecom Italia contro Mutua Antonio
Pubblicato il: 3/8/2023
Nel contenzioso, il Signor Mutua è affiancato dall'avvocato Riccardo Bolognese; Telecom Italia S.p.A. è difesa dagli avvocati Arturo Maresca, Roberto Romei, Franco Raimondo Boccia ed Enzo Morrico.
La Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato Tim Telecom Italia Spa, cedente di ramo d’azienda cui era addetto Antonio Mantua, al pagamento, in favore di questi, delle seguenti somme: euro 187.193,51 per le retribuzioni non percepite nel periodo di CIG dal luglio 2011 al gennaio 2013 “e successivamente in mobilità”, detratto quanto già percepito in esecuzione della sentenza di primo grado”; euro 7.777,10 per i premi di produzione non percepiti; euro 5.482,39 per il premo annuo non percepito; euro 10.073,00 a titolo di buoni pasto non percepiti; il tutto oltre accessori e spese.
La Corte territoriale, per quanto qui rileva, ha premesso che “l'affermata natura retributiva del credito del lavoratore ceduto che abbia vanamente messo in mora il datore di lavoro cedente, per il periodo successivo alla costituzione in mora, non è affatto incompatibile con il riconoscimento, in capo al medesimo lavoratore, del diritto al risarcimento del danno patito in conseguenza della invalida cessione, per il periodo dalla data della cessione medesima e sino alla messa in mora”; ha, pertanto, ritenuto “correttamente formulata la richiesta di Mantua Antonio di vedersi risarcire, sin dalla data dell'illegittima cessione di azienda, il danno consistente nella differenza tra quanto egli avrebbe percepito ove l’illegittima cessione non fosse stata posta in essere e quanto, invece, percepito presso la cessionaria”, danno da liquidare secondo le regole di diritto comune, con corrispondente riduzione “in caso di percepimento, nel medesimo periodo, di altri redditi”.
La Corte ha anche accolto il motivo di appello del lavoratore relativo al riconoscimento delle differenze retributive a titolo di buoni pasto; dopo aver esaminato l'accordo aziendale Telecom del maggio del 2008, ha osservato che, dall'esame dei prospetti paga, emergeva, relativamente al periodo interessato, una differenza tra quanto previsto da detto accordo e quanto retribuito dalla cessionaria, riconoscendo così i conseguenti importi differenziali.
Avverso tale sentenza Telecom Italia s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso l’intimato.
Il conclusione, la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese.