Accolto il ricorso di Barbuzzo contro Poste Italiane
Pubblicato il: 3/8/2023
Nel contenzioso, Poste Italiane S.p.A. è affiancata dall'avvocato Luigi Fiorillo.
La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza del 18.9.2019 qui impugnata, in sede di rinvio disposto con ordinanza di questa Corte n. 256 del 2018, pronunciando “nei limiti del devoluto” sull'appello proposto da Poste Italiane Spa nei confronti di Giovanna Barbuzza avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 19 luglio 2005, ha così statuito: “conferma la nullità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro intercorso fra le parti e dichiara la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti con decorrenza dal 02/07/2003 e ancora in atto a tutt'oggi se non cessato per altra causa; condanna Poste Italiane Spa al pagamento in favore di Barbuzza Giovanna della indennità risarcitoria ex art. 32 della l. n. 183/2010 che determina nella misura di tre mensilità della ultima retribuzione globale di fatto, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulla medesima, con decorrenza di tali accessori dal 19 luglio 2005.
Per l'effetto, e dato atto della già avvenuta corresponsione di somma maggiore, condanna Barbuzza Giovanna alla restituzione della differenza tra quanto percepito al netto in attuazione della sentenza di primo grado (come da busta paga in atti) e l'indennità risarcitoria nei termini sopra indicati, oltre interessi legali su tale differenza con decorrenza dal 26/10/2007 sino al saldo; condanna Poste Italiane Spa al pagamento delle spese di lite dell'intero giudizio che liquida in complessivi euro 2.000,00 per il primo grado, in complessivi euro 3.000,00 per il grado di appello, in complessivi euro 3.500,00 per il giudizio di Cassazione e in complessivi euro 2.800,00 per il presente giudizio di rinvio”.
La Corte territoriale, per quanto qui ancora rileva, ritenuta la nullità del termine apposto al contratto intercorso tra le parti, ha quantificato l’indennità risarcitoria ex art. 32 l. n. 183 del 2010 nella misura indicata, considerando “da un lato che tra le parti è intercorso soltanto un contratto di lavoro a termine; che l'attesa prima della pronuncia di riassunzione è stata contenuta in pochi mesi; che la società ha stipulato plurimi accordi sindacali per la stabilizzazione del personale al termine; ma dall'altro lato, che la ricorrente ha reagito tempestivamente alla sua illegittima estromissione, lasciando trascorrere circa un anno prima di contestarla giudizialmente; che la società ha notevoli e notorie dimensioni”.
La stessa Corte, altresì, ha accolto la richiesta di condanna avanzata dalla società di restituzione delle somme pari alla differenza fra quanto percepito dalla lavoratrice in esecuzione della sentenza di primo grado e la condanna ex art. 32, “non avendo la Barbuzza contestato la percezione”.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la Barbuzza con 3 motivi; ha resistito con controricorso l’intimata società.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione, rigetta il secondo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Roma.