Rigettato il ricorso di Augustea Atlantica contro il diniego di rimborso Ires
Pubblicato il: 7/17/2023
Nella vertenza, Augustea Atlantica S.p.A. è affiancata dagli avvocati Giuseppe Zizzo, Chiara Sozzi, Claudio Lucisano e Maria Sonia Vulcano.
Augustea Atlantica S.p.A. ha proposto ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n.9937/27/2017, pronunciata in data 8 novembre 2017, depositata in data 22 novembre 2017 e non notificata, che ha rigettato l’appello della contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa del diniego di rimborso Ires per l’anno di imposta 2009
.La C.t.r. riteneva tempestiva l’istanza di rimborso, in quanto doveva intendersi riferita a quanto pagato in data 11 luglio 2014 (versamento della prima rata di quanto dovuto a seguito dell’avviso di accertamento); riteneva altresì che la stessa fosse sufficientemente specifica, per petitum e causa petendi (il rimborso di quanto versato in eccesso in data 11 luglio 2014, dovendosi computare in diminuzione del reddito imponibile le perdite pregresse dell’anno 2002).
La C.t.r. affermava che l’acquiescenza all’avviso di accertamento non comportava l’impossibilità di chiedere a rimborso le somme versate per il suo pagamento, in quanto l’avviso stesso non conteneva un accertamento sull’inutilizzabilità delle perdite pregresse, che non erano state portate in compensazione dalla contribuente.
Con riferimento al merito dell’istanza, la C.t.r. riteneva che fosse una facoltà del contribuente l’utilizzo delle perdite pregresse e che, nella specie, si trattasse di perdite maturate nel 2002, terzo anno di esercizio dell’attività, e riportabili e/o utilizzabili negli anni successivi senza limiti temporali. La C.t.r. rilevava, inoltre, che le perdite in oggetto erano state riportate e/o utilizzate nelle dichiarazioni dal 2002 al 2008, non erano mai state contestate dall’amministrazione finanziaria ed erano provate dalle dichiarazioni dei redditi e dal bilancio al 31 dicembre 2002.
Il giudice di appello concludeva, dunque, nel senso che, siccome l’utilizzo delle perdite pregresse costituiva una facoltà per la contribuente, il mancato esercizio della relativa opzione nella dichiarazione dei redditi era emendabile solo se frutto di un errore essenziale e riconoscibile, requisiti assenti nel caso di specie.
La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale, e condanna la ricorrente principale a pagare all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 11.000,00 a titolo di compenso, oltre spese prenotate a debito.