Accolto l'appello di Baia Serena avverso il vincolo archeologico
Pubblicato il: 10/31/2023
Nel contenzioso, Baia Serena S.r.l. è assistita dall'avvocato Alessandro Pallottino.
La società Baia Serena a .r.l., in quanto proprietaria dell’area sita in Comune di S. Marinella, località “Tenuta Chiaruccia – Semaforo di Fosso Chiuso” della superficie fondiaria di mq 232.000, ubicata a monte dell’abitato di S. Marinella e a confine con l’autostrada Roma Civitavecchia, presentava al Comune di S. Marinella un progetto di lottizzazione convenzionata (prot. 12132 del 4.6.2015) consente insediamenti turistico-residenziali con indice territoriale di 0,20 mc/mq.
La Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Roma, la Provincia di Roma e l’Etruria Meridionale” esprimeva parere contrario, così motivando: “l 'area interessata dal progetto è sottoposta al vincolo archeologico con D.M. 3.11.1953 ai sensi del Titolo 11 del d.lgs. n. 42/2004 per la presenza del sito etrusco della Castellina e delle sue pertinenze".
Il progetto di lottizzazione “prevede un impatto notevolissimo in un territorio fragile sia da un punto di vista della conservazione dei resti archeologici, ben documentati nella bibliografia archeologica anche in lavori recentissimi (...), sia del consumo del territorio, costituendo il lotto in oggetto l'ultimo lembo conservato di quello che era il paesaggio agrario tipico di questa parte del Lazio costiero”.
Contro il parere negativo della Soprintendenza la Società muoveva in primo grado plurime censure, tra le altre: eccesso di potere, travisamento dei fatti, violazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza.
Il Tar adito, con l’impugnata sentenza, rigettava il ricorso. La sentenza veniva così appellata dalla Società, la quale lamentava una serie di doglianze con cui, criticando le argomentazioni del Tar, reiterava i motivi di primo grado.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado nei sensi di cui in motivazione. Condanna parte appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori dovuti per legge.