Accolto il ricorso di Iliad S.p.A. per l'utilizzo delle informazioni derivanti dal database MPN
Pubblicato il: 11/11/2023
Nella vertenza, Iliad Italia S.p.A. è affiancata dagli avvocati Filippo Pacciani, Valerio Mosca e Alessandro Botto; Tim S.p.A. è difesa dagli avvocati Vittorio Minervini e Marco Cappai.
In data 29 novembre 2019 ILIAD S.p.A. presentava ad AGCom una «istanza per la soluzione di controversia tra operatori di comunicazioni elettroniche» ai sensi dell’art. 23 del D. Lgs. n. 259/2003 lamentando la violazione, da parte di TIM, del «divieto di utilizzo a fini commerciali delle informazioni derivanti dal database MPN», chiedendo, in via cautelare, «l’interruzione immediata» dell’utilizzo di detti dati a fini commerciali e, nel merito, di accertare e dichiarare che le condotte lamentate costituiscono una violazione dell’art. 41, comma 3, del Codice e dell’art. 10, comma 7, della delibera AGCom n. 147/11/CIR che vietano l’utilizzo del database al di fuori delle procedure di portabilità.
IIIAD ipotizzava che i dati ricavabili dal database, comprensivi dell’indicazione della rete di appartenenza di ciascun utente, venissero da TIM utilizzati a fini commerciali e, in particolare, per lo svolgimento di campagne di winback finalizzate a stimolare il rientro di ex clienti, mediante comunicazioni promozionali mirate.
In ragione della comunicata pendenza del giudizio risarcitorio innanzi al Tribunale di Milano l’Autorità disponeva l’archiviazione del procedimento avviato da ILIAD come imposto dall’art. 12, comma 2, della delibera AGCom n. 226/15/CONS.
Nonostante l’archiviazione, con determinazioni n. 1/20/DRS e n. 2/20/DRS l’Autorità avviava d’ufficio due procedimenti sanzionatori a carico, rispettivamente di TIM e di KENA. A conclusione dell’istruttoria, con delibera n. 302/20/CIR, AGCom accertava la violazione, da parte di TIM, della diffida di cui alla delibera n. 118/18/CIR, ingiungendo il pagamento di una sanzione amministrativa.
Con delibera n. 303/20/CIR del 9 settembre 2020, oggetto della presente controversia, l’Autorità archiviava il procedimento nei confronti di KENA sul rilievo della «assenza di una preventiva diffida» nei confronti della stessa e della ritenuta insussistenza di un uso proattivo del database, limitato, contrariamente a quanto ipotizzato da ILIAD, a sole verifiche tecniche ex post a fini di accertamento «della correttezza delle dichiarazioni del cliente» ritenendo, quindi, insussistente un utilizzo dei dati per finalità di contatto commerciale.
In data 6 novembre 2020 ILIAD presentava istanza di accesso agli atti, negata dall'Autorità. Detto esito veniva impugnato innanzi al Tar Lazio con ricorso iscritto al n. 11554/2020 R.R., accolto con sentenza n. 3147 del 15 marzo 2021, confermata in appello con sentenza n. 7700 del 18 novembre 2021. Il Tar, con sentenza n. 971 del 27 gennaio 2022, respingeva il ricorso sul decisivo rilievo che l’adozione di una sanzione fosse ammissibile, ai sensi dell’art. 98, comma 11, del Codice, nel testo ratione temporis vigente, unicamente in presenza di inottemperanze a ordini o diffide.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie, nei medesimi limiti, il ricorso di primo grado; compensa le spese del doppio grado di giudizio.