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E-bike di origine turca: illegittima la contestazione della Dogana


Pubblicato il: 1/24/2024

La Corte di Giustizia tributaria di Bari ha accolto il ricorso di Fares Srl, assistita con successo nel procedimento dallo Studio Armella & Associati.

Non ci sono prove che le e-bike acquistate dalla Turchia siano state semplicemente assemblate a partire da componenti di origine cinese: è quanto stabilito dalla Corte di Giustizia tributaria di Bari, con la sentenza 2 gennaio 2024, n. 13, che ha ritenuto illegittima la rettifica dell’origine operata dall’Agenzia delle dogane.

Si tratta di un precedente importante, destinato a influenzare anche numerosi altri casi analoghi, instaurati presso la Corte tributaria di Bari e altre Corti del nord-est.  

La vicenda esaminata dal giudice barese trae origine da un’indagine dell’Ufficio antifrode europeo. Secondo l’Olaf, il fornitore turco, avrebbe acquistato biciclette smontate dalla Cina, limitandosi poi ad assemblarle senza realizzare nessun tipo di lavorazione.

Sulla base di tale indagine, l’Agenzia delle dogane ha concluso che le e-bike, dichiarate di origine turca, avrebbero avuto invece di origine cinese, con conseguente applicazione di un dazio antidumping pari al 62,10% del valore della merce e di un dazio compensativo del 17,20%.

La Corte di Bari ha accertato che non vi sono elementi di prova in grado di dimostrare la presunta frode, da parte del fornitore turco. Né l’Olaf né la Dogana, infatti, sono riusciti a dimostrare che le parti importate dalla Cina siano proprio quelle impiegate nei prodotti importati in Italia.

I beni importati erano scortati, inoltre, da regolari certificati di origine emessi dalla Camera di Commercio turca. Tali certificati, come ricordato dal giudice, rappresentano piena prova dell’origine doganale della merce.

Nel procedimento lo Studio Armella & Associati ha fornito assistenza con i Partner Sara Armella e Massimo Monosi.