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Indagini Olaf, no alla rettifica dell’origine a “tavolino”.


Pubblicato il: 11/30/2023

Lo Studio Armella & Associati con l'avvocato Sara Armella ha affiancato la società nel contenzioso.

In presenza di un regolare certificato di origine, è illegittima la rettifica dell’origine da parte dell’Agenzia delle dogane. L’accertamento dell’Ufficio non può fondarsi su un’indagine Olaf che accerta l’irregolarità del prodotto a distanza di due anni dall’operazione contestata. È questo il principio stabilito dalla Corte di Giustizia tributaria di primo grado di Rimini, con la sentenza 15 gennaio 2024, n. 7, ottenuta dallo Studio Legale Armella & Associati.

Nel caso esaminato, secondo l’Agenzia delle dogane, i prodotti importati, dichiarati di origine thailandese e scortati da un valido certificato di origine, avrebbero avuto, invece, origine cinese. Come rilevato dalla Corte di Rimini, l’Agenzia delle dogane non ha fornito nessuna prova dell’origine cinese dei beni importati. L’indagine dell’Olaf, infatti, è stata avviata a distanza di diversi anni dalle importazioni contestate dall’Agenzia delle dogane ed è priva di elementi di prova concreti, riferiti alle operazioni oggetto di accertamento.

Tale pronuncia recepisce il già consolidato orientamento della Corte di Cassazione, che da tempo ha chiarito come il mero riferimento a un operatore estero, nell’ambito di un report Olaf, non rappresenta una prova sufficiente per contestare l’origine dei beni importati, essendo necessaria una connessione diretta tra le importazioni contestate e i prodotti oggetto dell’indagine internazionale.

Dal mancato assolvimento dell’onere della prova da parte della Dogana è derivato l’annullamento dei provvedimenti impugnati.

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