Respinto il ricorso di The Black Sheep contro il Comune di Ladispoli
Pubblicato il: 3/27/2024
Nella vertenza, The Black Sheep Società Sportiva S.r.l. è affiancata dall'avvocato Adriano Tortora, il Comune di Ladispoli è difeso dall'avvocato Benedetto Croce.
La società appellante ha impugnato la sentenza di cui in epigrafe, con cui il Tar del Lazio – Roma ha respinto il suo ricorso (condannandola al pagamento delle spese di lite nella misura di euro 2.000,00 oltre accessori di legge) per l’annullamento degli atti della serie procedimentale concernenti l’ordine di provvedere alla chiusura immediata di ogni tipo di attività non riconducibile al titolo ottenuto attraverso la stipula della convenzione sottoscritta fra le parti in data 27 febbraio 1998, nonché di provvedere a sua cura e spese alla demolizione delle opere eseguite in contrasto con l’art. 14 delle norme tecniche di attuazione del piano per gli insediamenti produttivi (PIP), all’interno del capannone di proprietà, aventi ad oggetto nello specifico “la realizzazione aree attrezzate per il fitness, locali spogliatoi e WC, nonché per la realizzazione di un soppalco per una superficie calpestabile di circa 1300 mq, mc 7800,00”.
In particolare, era accaduto che l’Amministrazione comunale di Ladispoli aveva contestato alla società: “a) il cambio di destinazione d’uso al piano terra, da locali uso ufficio a locali residenziali, per una superficie totale di mq. 110,00 circa, in contrasto con quanto previsto “dall’art. 6.3 delle norme di attuazione del piano particolareggiato (…) e che allo stato attuale risulta essere stata data in locazione al sig. Mazzolari Roberto”; b) una “diversa distribuzione degli spazi interni per una superficie di circa mq. 140 (…) dell’area destinata ad uffici”; c) la “realizzazione di un manufatto adibito a lavanderia di mq 12 e di un manufatto in legno di mq 5”; d) diverse modificazioni rispetto a quanto assentito con la “concessione edilizia n. 191 del 12.11.1999 e successiva denuncia di inizio attività del 12.11.2003 prot. n. 31273”, eseguite all’interno del locale “capannone” che, dalla prevista struttura artigianale, è stata trasformata in area attrezzata per il fitness, con locali spogliatoi, soppalco e WC, “per una superficie complessiva calpestabile di circa 1.300 mq.”, in contrasto con quanto disposto dall’art. 14 delle N.T.A. del P.I.P. (approvato con deliberazione comunale n. 274 del 2.10.1986).”.
L’appello ha riproposto nella sostanza tutte le originarie censure di primo grado, articolandone quali specifiche ragioni di critica avverso la sentenza impugnata. Il Comune di Ladispoli ha resistito al gravame, insistendo circa la legittimità del proprio operato.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese del giudizio.