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Autorità di Sistema Portuale di Olbia e Golfo Aranci vince i contenziosi tributari avanzati da AE


Pubblicato il: 3/30/2024

Nelle vertenze, Autorità di Sistema Portuale di Olbia e Golfo Aranci è affiancata dall'avvocato Franco Picciaredda.

L’Agenzia delle entrate ricorre, con un unico motivo, contro l’Autorità portuale di Olbia avverso la sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale ha rigettato l'appello proposto dall’ufficio, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento, che rilevava in capo all’Autorità portuale per l’anno di imposta 2004, ai fini delle imposte dirette e dell’Iva, un maggior reddito per 1.126.337,13 euro.

Il giudice di appello richiamava alcuni precedenti di legittimità e riteneva che era incontestata sia la natura di ente pubblico non economico dell’Autorità portuale, sia la circostanza che quest’ultima svolgesse nel complesso attività preordinata al perseguimento del pubblico interesse, esclusa ogni finalità di lucro.

Rilevava la C.t.r. che, ai sensi dell’art.1, comma 993, legge 27 dicembre 2006, n.296, doveva escludersi l’assoggettabilità dei canoni concessori ad Iva, e che, comunque, l’attività concessoria su beni demaniali non poteva produrre alcun tipo di reddito tassabile, non avendo alcun fondamento la tesi dell’Agenzia delle entrate, secondo cui i canoni delle concessioni dei beni demaniali dovevano essere ricompresi nei redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente. Riteneva, invece, che la concessione dei beni demaniali costituisse esercizio di un pubblico potere, del tutto analogo a quello di qualsiasi ente territoriale che amministrava beni demaniali, come tale riconducibile nell’alveo delle funzioni statali e volto al corretto funzionamento delle aree portuali, concretizzandosi in poteri esercitati con una discrezionalità vincolata sottoposta ai controlli del Ministero dei trasporti (cfr. legge n.84/1994).

Pertanto, secondo il giudice di appello, non erano tassabili i canoni relativi alle concessioni di beni demaniali.

Secondo l’Agenzia ricorrente, invece, l'assenza di commercialità delle funzioni pubbliche esercitate da un ente pubblico (quale, appunto, l'Autorità portuale) consente a quest'ultimo di non assoggettare ad Irpeg/Ires i redditi prodotti in conseguenza della attività istituzionale (non considerati redditi di impresa), ma non consente anche di sottrarre dal reddito complessivo individuato dall'art. 143 T.u.i.r. le altre categorie reddituali e specificamente i redditi fondiari, non potendo trovare applicazione la presunzione di cui all'art.72 T.u.i.r. , di assorbimento nel reddito di impresa del reddito fondiario degli immobili strumentali all’attività di impresa, proprio in difetto della natura commerciale dell’attività svolta.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre il 15% per spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge.