Improcedibilità del ricorso di Ilva in materia di inquinamento delle falde causato da materiali di riporto
Pubblicato il: 5/9/2024
Nella vertenza, Ilva S.p.A. è affiancata dagli avvocati Angelo Raffaele Cassano e Marcello Clarich; ARPA Puglia è assistita dall'avvocato Maria Laura Chiapperini.
Si controverte sui materiali di riporto che si trovano sui terreni ex ILVA. Poiché tali materiali di riporto sono costituiti da residui di produzione, occorre effettuare il test di cessione ossia misurare la capacità di inquinare o meno le falde acquifere da parte di tali materiali (che sono per l’appunto “poggiati” sui terreni stessi).
ILVA riteneva di non essere sottoposto a tale test di cessione (molto oneroso) e dunque ricorreva, avverso il provvedimento ministeriale del 12 giugno 2017 che disponeva invece tale test di cessione, dinanzi al TAR Lazio che, tuttavia, rigettava il ricorso. La sentenza di primo grado formava oggetto di appello sotto plurimi profili.
Si costituiva in giudizio ARPA Puglia per chiedere il rigetto del gravame. Nelle more dell’appello avverso tale sentenza, il Ministero dell’ambiente ha adottato un nuovo provvedimento, in data 3 agosto 2020, che disciplina ex novo la fattispecie dei test di cessione (misurazione della capacità dei materiali di riporto di inquinare, o meno, le falde acquifere).
Dunque con atto difensivo del 9 marzo 2024 la società appellante, ritenuto ormai superato il provvedimento originario del 2017, dichiarava nella sostanza di non avere più interesse a proseguire il presente giudizio.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile. Spese compensate.