Accolto l'appello di AGCOM contro Google in materia di banner pubblicitari in violazione del "Decreto Dignità"
Pubblicato il: 5/30/2024
Nel contenzioso, Google Ireland Limited è affiancata dagli avvocati Francesca Angeloni, Gaia Gelera e Marco Berliri.
Con il ricorso di primo grado Google Ireland Limited ha impugnato la delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 541/20/CONS del 22.10.2020 con cui la società è stata sanzionata per la violazione dell'art. 9 del Decreto Legge n. 87 del 12 luglio 2018 conv. dalla Legge n. 96 del 9 agosto 2018 (c.d. "Decreto dignità").
I fatti oggetto di contestazione da parte dell’Autorità sono i seguenti: il 14 e il 15 novembre 2019, digitando le parole chiave "Casinò online", compariva su Google Web Search, come annuncio pubblicitario, il link al sito internet http://sublime-casino.com con la seguente descrizione "Unisciti Ora Al Nuovissimo Casinò Online Italiano. Gioca Subito A Oltre 400 Giochi – Iscriviti Ora E Registrati In Meno Di 30 Secondi! Nessun download. Sicuro e Protetto" e tale sito conteneva una lista di link ad ulteriori siti web che, in alcuni casi, consentivano di giocare a pagamento online.
Con il ricorso di primo grado, Google ha articolato sette motivi di ricorso deducendo quanto segue: - nullità dell’Ordinanza per carenza assoluta di attribuzione, non essendo la ricorrente, in qualità di “società dell'informazione" estera, soggetta alla “giurisdizione” dell’Autorità rispetto al servizio Google Ads (motivo n. 1); - difetto di notifica del medesimo Decreto dignità alla Commissione Europea ai sensi delle Direttive Servizi Tecnici e E-Commerce (motivo n. 2); - applicabilità a Google dell’esenzione disposta per gli hosting provider ricavabile dalla nozione di “proprietario del sito di diffusione o destinazione” prevista dall’art. 3, lett. t), delle Linee Guida di cui alla Delibera AGCOM n. 132/19/CONS (motivo n. 3); - violazione del regime di responsabilità riservata agli hosting provider, anche in considerazione del fatto che Google, pur non essendovi obbligata, pone in essere tutte le azioni necessarie per evitare la violazione del Decreto dignità da parte degli inserzionisti e che l’annuncio contestato era lecito (motivi nn. 4-6); - erroneità nel quantum della sanzione (motivo n. 7).
In particolare, il Tar, richiamando la distinzione elaborata dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale tra hosting provider attivo e hosting provider passivo, ha fondato la propria motivazione sulle disposizioni di cui all’art. 16 del D.lgs. 9 aprile 2003, n. 70, di recepimento della Direttiva 2000/31/CE, che, pur non essendo ritenuta una disciplina direttamente applicabile al caso di specie, sarebbe espressione di principi generali laddove prevede un regime più favorevole di responsabilità per gli hosting provider passivi.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto: - accoglie l’appello principale dell’Autorità; - rigetta l’appello incidentale di Google; - accoglie il VII motivo del ricorso di primo grado, riproposto in appello; - per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie nei sensi esposti in motivazione, il ricorso di primo grado limitatamente al VII motivo, con conseguente rideterminazione della sanzione in euro 50.000. Spese compensate.