Accolto il ricorso di Alto Calore Servizi S.p.A. relativo al servizio di manutenzione della rete idrica nel Comune di Cassano Irpino
Pubblicato il: 8/27/2024
Nel contenzioso, Alto Calore Servizi S.p.A. è affiancata dall'avvocato Daniela Petitto; Acquedotto Pugliese S.p.A. è assistito dall'avvocato Giovanni Nardelli.
Con sentenza 25 gennaio 2021, n. 210, il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Salerno, ha dichiarato improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso e i primi motivi aggiunti, e ha dichiarato inammissibili i secondi motivi aggiunti, proposti dalla società Alto Calore Servizi S.p.a. (di seguito anche solo Alto Calore) per l’annullamento della deliberazione del 30 ottobre 2014 con cui il Comune di Cassano Irpino - sul cui territorio insistono le sorgenti Pollentina, Peschiera e Lavatoio – ha affidato il servizio di manutenzione e ha approvato la convenzione regolante i rapporti tra tale comune e l’Ente Autonomo per l’Acquedotto Pugliese (oggi AQP), che deriva le acque dalle predette sorgenti, stabilendo in particolare che «a partire dal 2015 l’AQP versi direttamente al Comune di Cassano Irpino […] il costo per la gestione della rete idrica e delle fognature di € 120.000,00 in due rate semestrali».
Come emerge dalla sentenza, la società Alto Calore Servizi evidenziava come la gestione della rete idrica e fognaria del Comune di Cassano Irpino era stata eseguita non già dall’amministrazione comunale bensì dalla medesima ricorrente, in virtù degli impegni assunti nel 1966 e trasfusi nelle delibere del Consiglio comunale n. 423/1965 e 549/1966 nonché in ossequio al decreto (n. 1005 del 20 dicembre 1993) del commissario ad acta (nominato dalla Regione Campania ai sensi dell’art. 139 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218), che ha trasferito tutte le opere idriche all’Alto Calore, con la conseguenza che l’Acquedotto Pugliese dovrebbe continuare a corrisponderle, in virtù degli accordi sottoscritti, i 4/5 dell’importo annuo sostenuto per la gestione di dette opere.
Il Tribunale amministrativo ha motivato la improcedibilità del ricorso sull’assunto che la convenzione con AQP era ormai priva di efficacia (ai sensi degli articoli 3 e 4 della convenzione 14 dicembre 2015, questa aveva effetti dal 1 gennaio 2016 al 31 dicembre 2018), con la conseguenza che alcuna utilità poteva derivare all’Alto Calore s.p.a. dall’eventuale accoglimento nel merito delle relative censure.
Dichiarava inammissibili i secondi motivi aggiunti, in quanto il provvedimento impugnato (di “revoca dell’affidamento degli impianti”) era meramente attuativo della nota datata 2 marzo 2016, non impugnata.
La società Alto Calore, rimasta soccombente, ha proposto appello contestando le statuizioni della sentenza e reiterando i motivi del ricorso di primo grado.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado e i motivi aggiunti e annulla i provvedimenti con essi impugnati. Compensa tra le parti le spese giudiziali di entrambi i gradi del giudizio.