Accolto l'appello di Bio Bimat relativo ad un impianto di recupero rifiuti
Pubblicato il: 11/1/2024
Nel contenzioso, Bio Bimat S.r.l. è affiancata dagli avvocati Pietro Ferraris ed Enzo Robaldo; l'Agenzia Regionale per la Prevenzione, l'Ambiente e l'Energia dell'Emilia-Romagna (ARPAE) è difesa dagli avvocati Giovanni Fantini e Patrizia Onorato; il Comune di Concordia Sulla Secchia è assistito dagli avvocati Federico Gualandi e Francesca Minotti; Aimag S.p.A. e A.S. Reti Gas S.r.l. sono assistite dall'avvocato Giuseppe Piperata; Regione Emilia Romagna è rappresentata dagli avvocati Silvia Ricci e Claudia Menini.
Con il ricorso di primo grado, la societa Bio Bimat s.r.l., premesso di aver presentato apposita domanda per la realizzazione di un impianto di recupero rifiuti in area di sua proprietà, ha impugnato il verbale conclusivo della Conferenza di Servizi del 23 gennaio 2020 finalizzata al rilascio del Provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) comprensivo del provvedimento di Valutazione di impatto ambientale (VIA).
Con distinto ricorso per motivi aggiunti, ha poi impugnato la successiva delibera n. 516 del 18 maggio 2020 della Giunta regionale di diniego del PAUR, facendo valere sia vizi derivati che vizi propri.
Con il ricorso principale, ha contestato in primo luogo i pareri della Soprintendenza e del Comune (su cui si fonda il diniego) che hanno escluso la compatibilità ambientale dell’intervento a causa della presenza sull’area in questione di un bosco assoggettato ex lege a vincolo paesaggistico (art. 142, co. 1, lett. g), d.lgs. n. 42/2004). Secondo la società, invece, non si tratterebbe di un vero e proprio bosco, ma di una “mera ricrescita arbustiva” creatasi spontaneamente a seguito dell’abbandono dell’area, priva di pregio e di valore paesaggistico; in ogni caso, ha dedotto la necessità di rimozione di tale vegetazione ex art. 192, d.lgs. n. 152/2006 a causa della presenza di rifiuti sull’area (residui cementizi di opere di urbanizzazione non completate).
Inoltre, ha dedotto una serie di vizi procedurali (tra cui: illegittima partecipazione di alcuni enti alla conferenza di servizi, illegittimo diniego di proroga del termine per osservazioni ex art. 10 bis, legge n. 241/1990), nonché, con successivi motivi aggiunti, di vizi inerenti alla delibera regionale di diniego PAUR, per aver fatto un merito rinvio al verbale conclusivo della Conferenza di servizi e per aver omesso di rispondere motivatamente all’istanza di riesame presentata dalla societa .
Con la sentenza impugnata, il T.a.r. ha respinto sia il ricorso principale che quello per motivi aggiunti.
In particolare, ha respinto il primo gruppo di censure relativo all’assenza di un bosco o comunque di un suo valore paesaggistico. A tal riguardo, il primo giudice ha ritenuto che i “suddetti pareri della Soprintendenza risultano congruamente motivati riguardo alle ragioni per le quali tale area “coperta da vegetazione arborea” presente nel sito sul quale avrebbe dovuto essere realizzato l’impianto di smaltimento di rifiuti della ricorrente è stata valutata, innanzitutto quale area boschiva soggetta alla disciplina normativa di cui agli artt. 3 e 4 del D. Lgs. n. 34 del 2018 e, quindi, quale bene paesaggistico vincolato ai sensi di quanto prescrive l’art. 142, c. 1, lett. g) del D.Lgs. n. 42 del 2004” (pag. 8-9 della sentenza impugnata).
Con atto di appello, la societa ha impugnato la sentenza deducendo una cinque motivi di appello, oltre a riproporre i motivi di primo grado non esaminati, nonché la relativa domanda risarcitoria.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla i provvedimenti impugnati.