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Accolto l'appello avanzato dalla TIM S.p.A. contro il Comune di Napoli


Pubblicato il: 11/23/2024

Nel contenzioso, TIM S.p.A. è affiancata dall'Avvocato Edoardo Giardino; il Comune di Napoli è difeso dagli Avvocati Antonio Andreottola e Bruno Crimaldi.

In data 28 giugno 2021 veniva acquista dal Comune di Napoli la SCIA ex art.87 bis del D. Lgs. n. 259/2003 del 28 giugno 2021 «per la modifica di impianto per telecomunicazione di una SRB Telecom Italia e coubicazione di SRB Vodafone Italia SpA su infrastruttura preesistente di proprietà Inwit SpA sita nel Comune di Napoli (NA) c/o Circumvesuviana di S. Maria del Pozzo».

Con preavviso di diniego ex art. 10 bis della L. n. 241/1990 del 22 luglio 2021, l’amministrazione individuava i motivi ostativi alla realizzazione dell’intervento nella contrarietà al «Regolamento comunale per la disciplina delle procedure per le installazioni e la modifica degli impianti radioelettrici», approvato con delibera n. 104 del 18 giugno 2003.

Con il provvedimento di definitivo rigetto dell’11 agosto 2021 l’amministrazione, specificava: - che il «vigente regolamento comunale, approvato con delibera n. 104 del 18/06/2003, vieta l’installazione di impianti radioelettrici ad una distanza inferiore a 50 metri dal perimetro degli edifici ospitanti strutture sanitarie e scolastiche»; - che «la realizzazione dell’impianto Vodafone si configura comunque come una nuova installazione, pur se prevista su infrastruttura esistente, quindi non autorizzabile ai sensi dell’art. 4 del regolamento comunale»; - che, sebbene nel «protocollo d’intesa, denominato “Buone Pratiche nel Settore della Telefonia Mobile”, in merito alla modifica di antenne installate prima dell’entrata in vigore del regolamento comunale» sia previsto che «il servizio Ambiente (oggi servizio Controlli ambientali e attuazione PAES) valuterà di autorizzare richieste di modifica, adeguamento tecnologico, condivisione di impianti esistenti, posti a meno di 50 metri da strutture sanitarie e scolastiche, installate prima dell’approvazione del regolamento comunale, che comportino comunque una minimizzazione dei campi elettromagnetici» detto Servizio riteneva in ogni caso «prioritaria la tutela della popolazione di minore età, con particolare riferimento a coloro che frequentano istituti scolastici».

Con ricorso iscritto al n. 4580/2021 R.R., integrato da motivi aggiunti, TIM S.p.A. (di seguito TIM) impugnava dinanzi al Tar per la Campania il citato diniego contestando, in estrema sintesi, il potere comunale di imporre le suesposte limitazioni.

Il Tar respingeva l’istanza cautelare in detta sede proposta con ordinanza n. 2073/2021 che la Sezione con ordinanza n. 1261/2022 accoglieva «ai fini della fissazione dell’udienza di merito in primo grado ai fini di cui all’art. 55, comma 10, c.p.a.» ritenendo tuttavia «la non manifesta carenza di fumus boni iuris (in ragione delle censure dedotte con il ricorso di primo grado».

Il Tar, con sentenza n. 6389 del 20 novembre 2023, definiva il giudizio dichiarando l’inammissibilità dei motivi aggiunti poiché proposti avvero atti privi di spessore provvedimentale, e respingendo il ricorso introduttivo ritenendo, in estrema sintesi, che i criteri di localizzazione di cui al Regolamento comunale ed al protocollo d’intesa denominato «Buone Pratiche nel Settore della Telefonia Mobile» resistessero alle censure di parte ricorrente poiché riferiti a «fattispecie meritevoli di protezione specifiche (ospedali e scuole) e omogenee (fasce più vulnerabili della popolazione)» e non costituissero una illegittima «introduzione di un limite di distanza per la localizzazione degli impianti generalizzato ed eterogeneo (e.g. da qualsiasi edificio destinato alla permanenza delle persone), sostanzialmente ostativo alla diffusione della rete di telecomunicazione in tutto il territorio comunale».

TIM impugnava la sentenza con appello depositato l’8 giugno 2024 contestando, con un solo capo di impugnazione rubricato «Erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui reca la decisione che nel merito il ricorso di primo grado sia infondato», le statuizioni ritrascrivendole e invocando, a sostegno dell’illegittimità del diniego impugnato precedenti giurisprudenziali, anche in questo caso ritrascritti per ampi stralci.

Il Comune si costituiva in giudizio il 14 giugno 2024 eccependo, con memoria del 24 giugno successivo, la genericità e infondatezza delle avverse censure.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, in riforma della sentenza di primo grado, annulla il diniego impugnato, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.