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Accolto il ricorso di Sky Italia per il pagamento dei diritti amministrativi


Pubblicato il: 12/20/2024

Nel contenzioso, Sky Italia S.r.l. è affiancata dagli avvocati Ottavio Grandinetti e Daniele Majori.

Sky Italia s.r.l. (d’ora innanzi, Sky) impugna la sentenza in epigrafe indicata che ha respinto il suo ricorso e i motivi aggiunti proposti avverso le note del Ministero dello Sviluppo Economico prot. n. 89613 dell’8 novembre 2011 e prot. 7181 del 30 gennaio 2012, relative all’obbligo della società di pagamento del contributo per i servizi di accesso condizionato.

Con ricorso di primo grado Sky chiedeva l’accertamento negativo dell’obbligo di pagare i diritti amministrativi di cui al combinato disposto dell’art. 34 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, recante il Codice delle comunicazioni elettroniche, e dell’art. 1 dell’allegato 10 allo stesso Codice, con conseguente diritto alla restituzione degli importi corrisposti a tale titolo per le annualità 2010 e 2011.

Il Tar adito respingeva il ricorso e i motivi aggiunti rilevando che: i) Sky Italia, nello svolgere la propria attività di trasmissione, fornisce pacificamente servizi di accesso condizionato, dovendo escludersi la sua configurabilità quale mero fornitore di contenuti; la stessa ricade conseguentemente nella nozione di fornitore di “servizi di comunicazione elettronica” di cui all’art. 1, lettera gg), del Codice delle comunicazioni elettroniche; ii) trattandosi, come riconosciuto dalla stessa ricorrente, di servizi ad essi correlati e vista la strettissima interdipendenza fra le predette tipologie di servizi, viene ulteriormente giustificata l’imposizione del contributo ai sensi della vigente disciplina; iii) il richiamo nella nota 7181/2012, impugnata con i motivi aggiunti, ai “servizi ad accesso condizionato” e non “ai servizi di accesso condizionato” non cambia la connotazione del servizio effettivamente richiamato a presupposto dell’obbligo.

Con l’appello in trattazione Sky chiede la riforma della sentenza per i seguenti motivi: Erroneo rigetto del primo motivo del ricorso di primo grado, volto a denunciare la violazione degli artt. 1, co. 1, lett. ee), gg), mm) e qq-quater), 25, 34 d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, e dell’art. 1, co. 2, dell’allegato n. 10 allo stesso d.lgs. n. 259/2003; dell’art. 31 d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177; in subordine, la necessità di disapplicare le stesse disposizioni per contrasto con gli artt. 2, lett. c), e), e-bis) ed f), della direttiva 2002/21/Ce (cd. direttiva quadro), anche in combinato disposto con l’art. 2.2, lett. a), della direttiva 2002/20/Ce (cd. direttiva autorizzazioni), nonché – in ulteriore subordine – con l’art. 4 della direttiva 2000/31/Ce e con il combinato disposto tra l’art. 2.2, lett. a), della citata direttiva 2002/20/Ce (anche alla luce del suo considerando n. 6) e l’art. 3 della direttiva 98/84/Ce (recepito con d. lgs. n. 373/2000); nonché, in ogni caso, l’eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, carenza di motivazione, oltre alla violazione dell’art. 3 l. n. 241/1990: conseguente infondatezza della richiesta del Ministero del pagamento dei diritti amministrativi di cui al cit. art. 34 d. lgs. n. 259/2003 ed al cit. art. 1, co. 2, dell’all. n. 10 allo stesso d.lgs.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto: accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti (r.g. 9 del 2012), ai sensi e nei termini di cui in motivazione. Spese del doppio grado compensate.