Rigettato il ricorso di 3V Sigma e Colombina contro il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica
Pubblicato il: 12/16/2024
Nel contenzioso, 3V Sigma S.p.A. e Colombina S.r.l. sono affiancate dagli avvocati Antonella Capria, Teodora Marocco e Antonio Lirosi; il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica è difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato; la Regione Veneto è assistita dagli avvocati Francesco Zanlucchi, Luisa Londei, Franco Botteon e Andrea Manzi; la Città Metropolitana di Venezia è difesa dagli avvocati Fabio Francario, Roberta Brusegan e Katia Maretto.
Le società ricorrenti sono la nuda proprietaria (Colombina s.r.l.) e la titolare del diritto di superficie (3V Sigma s.p.a.) di un’area di circa 64.000 mq, sita nell’ambito del petrolchimico di Porto Marghera.
Il Ministero dell’Ambiente, ritenendo non condivisibili le analisi di rischio sanitario presentate dagli interessati, ha impartito alcune prescrizioni alle società che vantavano diritti reali sull’area, richiedendo, altresì, la presentazione dei progetti di messa in sicurezza e bonifica di suoli e acque di falda.
Tali prescrizioni ministeriali sono state impugnate dinanzi al T.a.r.
Con sentenza n. 197 del 2013, il T.a.r. Veneto, pur annullando per vizi formali e procedimentali gli atti impugnati, ha respinto le censure con le quali le società ricorrenti lamentavano la carenza dei presupposti soggettivi e oggettivi per l’attivazione della procedura volta al disinquinamento delle aree, rilevando, da un lato, che le ricorrenti avevano già posto in essere numerosi adempimenti e, dall’altro, che non era stata raggiunta la prova circa la loro estraneità alla causazione dell'inquinamento.
Con sentenza n. 195 del 2018, il Consiglio di Stato ha dichiarato improcedibile l’appello avverso la suddetta sentenza, per sopravvenuta carenza d’interesse, rilevando che, in ottempanza alla decisione del T.a.r. Veneto n. 197 del 2013, l’amministrazione, nel dicembre del 2013, aveva provveduto a rinnovare completamente il procedimento relativo alle misure di bonifica del sito, rideterminandosi con nuovi atti, nuovi pareri e nuove valutazioni in merito alla documentazione tecnica ed ai dati analitici trasmessi dalle società.
Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, integrato da successivi quattro ricorsi per motivi aggiunti, le società ricorrenti hanno impugnato una serie di atti variamente denominati (comunicazione di avvio del procedimento, esiti dell’istruttoria preliminare, note, pareri, osservazioni, relazioni di validazione, verbali di Conferenza dei Servizi) emanati dai competenti organi della P.A. nell’ambito del rinnovato procedimento, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere, in particolare facendo leva sull’impossibilità di porre obblighi di bonifica a carico del proprietario non responsabile della contaminazione.
Con la sentenza impugnata, il T.a.r., dopo aver riepilogato il più recente orientamento giurisprudenziale in materia di misure ambientali che possono essere imposte al proprietario non responsabile dell’inquinamento, distinguendo tra messa in sicurezza dei siti contaminati, obbligo legale di bonifica e obbligo negoziale di bonifica (cfr. pag. 9-11 della sentenza impugnata), ha dichiarato i ricorsi principali e i motivi aggiunti inammissibili per carenza d’interesse poiché proposti contro atti meramente istruttori, interlocutori o endoprocedimentali.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Condanna la parte appellante al pagamento delle spese di lite che si liquidano in € 5.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, di IVA e di CPA.

