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Rigettato il ricorso dell'Agenzia delle Entrate contro Luxottica Group


Pubblicato il: 11/27/2024

Nel contenzioso, Luxottica Group S.p.A. è affiancata dagli avvocati Alessio Persiani e Stefano Mechelli nonché dal prof. avv. Giuseppe Melis.

Luxottica Group S.p.A. (di seguito, per brevità, Luxottica) esercitò in data 18.12.2015 – allorquando, in base all’art. 1, comma 39, della l. 23 dicembre 2014, n.190, nella formulazione applicabile ratione temporis, era possibile ricomprendere i marchi d’impresa nel perimetro dei beni immateriali agevolati – l’opzione per il c.d. regime patent box, ai sensi dell’art. 1, comma 37 della legge citata, del successivo d.m. 30 luglio 2015 e del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 10 novembre 2015, con decorrenza dal periodo d’imposta 2015.

In data 29.12.2015 la società presentò quindi l’istanza di cui all’art. 1, comma 39, secondo periodo della citata legge n. 190/2014, a seguito della quale fu sottoscritto in data 24 novembre 2017 tra la società e l’Agenzia delle entrate l’Accordo preventivo avente ad oggetto beni immateriali rientranti nella categoria dei marchi d’impresa.

Nei termini previsti dall’Accordo medesimo la società, nell’approssimarsi della scadenza dello stesso, in data 27 settembre 2019, presentò istanza di rinnovo, che fu respinta dall’Ufficio Accordi Preventivi con provvedimento del 4 dicembre 2019, con la motivazione che, avendo ad oggetto l’Accordo esclusivamente beni immateriali (marchi d’impresa) non più suscettibili di agevolazione in ragione delle modifiche apportate al regime Patent box dal decreto di revisione, per le opzioni esercitate dopo il 31 dicembre 2016, esso non poteva essere oggetto di rinnovo.

Il provvedimento di diniego fu impugnato dalla società dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Milano, che accolse il ricorso della contribuente.

L’Ufficio propose appello avverso la sentenza di primo grado ad esso sfavorevole dinanzi alla Commissione tributaria regionale (CTR) della Lombardia che, con sentenza n. 1372/2022, depositata il 6 aprile 2022, non notificata, respinse il gravame, ritenendo che il decreto interministeriale di revisione (d.m. 28 novembre 2017) emanato in attuazione dell’art. 56, ultimo comma, del d.l. 24 aprile 2017, n. 50, nella parte in cui escludeva la rinnovabilità dell’opzione per i marchi d’impresa sino al 30 giugno 2021, si poneva in contrasto con le norme di rango primario poste dalla disciplina transitoria di cui all’art. 56 del succitato d.l. n. 50/2017, ciò che imponeva la disapplicazione della norma di rango inferiore.

Avverso detta sentenza l’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione in forza di due motivi, cui la società resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria depositata ex art. 378 cod. proc. civ.

Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Giuseppe Locatelli, in prossimità dell’odierna udienza pubblica fissata per la discussione, ha anch’egli depositato memoria, alla quale si è riportato, concludendo per il rigetto del ricorso.

La Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi, ed accessori di legge.