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La Corte d’Appello di Milano accoglie la richiesta di Conforama sull’accisa elettricità


Pubblicato il: 12/6/2024

Con un’articolata sentenza pubblicata il 28 ottobre 2024 (n. 2855/2024), la Corte d’appello di Milano ha accolto l’impugnazione presentata da Conforama Italia S.p.A. avverso una pronuncia del Tribunale di Milano (che aveva considerato la domanda di ripetizione inammissibile e comunque infondata) e per l’effetto ha condannato Alpiq Energia Italia S.p.A. (“Alpiq”) a versare alla Società la somma di € 597.444,44 (oltre interessi legali dalla messa in mora al saldo effettivo).

Conforama è stata assistita, fin dal primo grado di giudizio, da De Iure Avvocati Associati – DIAA di Roma con i partner avvocati Berardino Iacobucci e Vanessa Vitale e, nel grado d’appello, anche da Donà Viscardini Studio legale di Padova con il partner avvocato Gabriele Donà, per le problematiche di diritto dell’Unione europea. Alpiq è stata rappresentata e difesa dagli avvocati Vincenzo Golino e Marika Ragni di Plusiders

 

L’art. 6 del D.L. 511/1988 aveva istituito un’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica in favore dell’Erario, obbligandone al versamento i somministranti energia elettrica, con loro diritto di rivalsa sui propri acquirenti a norma dell’art. 56 del D.lgs. n. 504/1995 (“Testo unico sulle accise – TUA”).

 

Conforama – nell’ambito di un rapporto di somministrazione con Alpiq protrattosi per anni – si era vista addebitare mensilmente da tale fornitore, a titolo di rivalsa, le somme che quest’ultimo aveva di volta in volta versato all’Erario.

 

Successivamente, è emerso che l’addizionale provinciale si poneva in contrasto con il diritto UE (art. 1, par. 2, direttiva 2008/118/CE) – tant’è che venne abrogata nel 2012 (a seguito dell’avvio di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea) – in quanto priva della necessaria “finalità specifica” (cioè diversa da una mera esigenza di bilancio).

 

Conforama aveva perciò adito il Tribunale di Milano per far accertare e dichiarare che gli importi da essa corrisposti ad Alpiq negli anni 2009, 2010 e 2011 costituivano un indebito oggettivo ex art. 2033 c.c..

 

Il Tribunale di Milano aveva però rigettato la domanda per due ragioni:

 

(I) Conforama non aveva fornito la prova dell’effettivo pagamento delle somme di cui chiedeva la ripetizione, non essendo a tal fine sufficiente (ad avviso del giudicante) la produzione in giudizio né delle fatture emesse da Alpiq (in quanto ritenute generiche) né dei bilanci e scritture contabili della Società (trattandosi di documentazione puramente interna e predisposta unilateralmente); e, in ogni caso,(II) dato che (in linea di principio) le direttive UE non possono creare obblighi in capo ai privati se non attraverso il loro (formale e corretto) recepimento da parte degli Stati membri dell’Unione, la Società non poteva invocare nei confronti del soggetto privato Alpiq l’incompatibilità con la direttiva 2008/118/CE della normativa italiana istitutiva dell’addizionale provinciale (ciò – ad avviso del giudicante – avrebbe infatti comportato un’inammissibile applicazione “orizzontale” del divieto per gli Stati membri, contenuto in tale direttiva, di istituire addizionali sfornite di “finalità specifiche”).

 

Conforama aveva dunque proposto appello, decidendo di associare al collegio difensivo anche Donà Viscardini Studio legale, per esaminare e contrastare le ampie argomentazioni di diritto UE sviluppate dal Tribunale di Milano.

 

Con la citata sentenza n. 2855/2024, la Corte d’appello di Milano ha accolto i motivi di gravame proposti.

 

Per quanto riguarda le questioni di diritto UE, i secondi giudici – condividendo alcuni dei rilievi fatti valere da Conforama (gli altri – avanzati in via subordinata e volti a ottenere un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE – non hanno dovuto essere esaminati) – hanno dato atto che, a ben guardare, la Società non aveva direttamente invocato un’applicazione “orizzontale” di (un divieto contenuto in) una direttiva europea non correttamente trasposta, bensì la doverosa applicazione della normativa dell’Unione come interpretata dalla Corte di giustizia UE, alle cui sentenze va attribuito il valore di ulteriore fonte del diritto comunitario (dunque aventi efficacia erga omnes).

 

In particolare, la Corte d’appello ha ribadito che le “pronunce interpretative della Corte di Giustizia UE … vincolano il Giudice nazionale, imponendogli di disapplicare le disposizioni di diritto interno che con esse si pongano in contrasto: principio che trova applicazione sia nei rapporti “verticali” tra privati e Amministrazione dello Stato, sia nei rapporti “orizzontali” tra privati. È infatti proprio l’efficacia anche “orizzontale” delle pronunce della Corte di Giustizia relative alla Direttiva 2008/118/CE che consente al consumatore finale di agire nei confronti della società fornitrice al fine di vedersi rimborsare le somme versate a titolo di addizionale provinciale”.

Pertanto, la disapplicazione a favore di Conforama dell’art. 6 del D.L. 511/1988 – con conseguente nascita del diritto alla ripetizione dell’indebito (ovviamente se avvenuto e documentato) – non costituisce effetto dell’immediata esecutività della direttiva 2008/112/CE.

 

La Corte d’appello – anche in ciò condividendo quanto sostenuto nel motivo di gravame della Società – ha peraltro evidenziato che le suesposte conclusioni – rispettose del principio europeo di effettività (in base al quale la normativa predisposta dagli Stati membri non deve rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto UE) – non pregiudicano affatto Alpiq, dato che questa (in base all’art. 14, co. 4, TUA) – una volta condannata (con sentenza definitiva) alla ripetizione dell’indebito – avrà novanta giorni di tempo per chiedere all’Erario il rimborso delle medesime somme. Pertanto, tale sistema è “certamente idoneo a neutralizzare gli effetti della norma interna contrastante con il diritto dell’Unione, evitando che il consumatore finale o il fornitore possano risultare definitivamente incisi dall’imposta non dovuta”. 

 

Passata successivamente ad esaminare le questioni civilistiche relative alla prova dell’effettivo pagamento delle somme di cui la Società chiedeva la ripetizione, la Corte d’appello ha integralmente condiviso i rilievi fatti valere da Conforama (pur dichiarando – in accoglimento della relativa eccezione sollevata da Alpiq – l’intervenuta prescrizione decennale dei pagamenti effettuati prima del mese di marzo 2010).

 

In particolare, ha rilevato che un’attenta disamina della documentazione versata agli atti permetteva di accertare le seguenti circostanze: (i) la fornitura energetica è stata sempre attiva, avendo Conforama periodicamente onorato il pagamento dell’utenza, corrispondendo gli importi indicati nelle fatture via via emesse (compresi gli interessi di mora che, in ragione di alcuni ritardi nei pagamenti, erano stati applicati in fattura da Alpiq); (ii) in dette fatture non risultava alcun sollecito di pagamento per debenze pregresse; (iii) nei propri bilanci, Conforama aveva regolarmente contabilizzato i costi relativi a tutte le utenze e forniture energetiche; inoltre, nelle relazioni e nei documenti a corredo dei bilanci, il nome di Alpiq non figurava tra i soggetti che vantavano crediti scaduti nei confronti della Società; (iv) Alpiq non ha contestato l’autenticità e la provenienza della documentazione versata in giudizio da parte di Conforama.