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Il CdS dichiara l'improcedibilità del ricorso AGCM contro Codacons ed Enel Energia SpA


Pubblicato il: 12/23/2024

Nel contenzioso, Codacons è affiancato dagli avvocati Gino Giuliano e Carlo Rienzi; Enel Energia S.p.A. è assistita dagli avvocati Giuseppe Lo Pinto e Fabio Cintioli.

Enel Energia s.p.a. ha impugnato il provvedimento n. 97568 con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in data 12 dicembre 2022, ha disposto la sospensione cautelare, ai sensi dell'art. 27, comma 3, del Codice del Consumo, delle condotte contestate con riferimento alla violazione dell’art. 3 del d.l. 9 agosto 2022 n. 115.

Con tale provvedimento l’Autorità ha contestato al Professionista di aver assunto un comportamento scorretto nei confronti dei propri clienti a seguito dell’emanazione del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115 (c.d. Decreto Aiuti-bis) e, specificamente, dell’art. 3 – rubricato “Sospensione delle modifiche unilaterali dei contratti di fornitura di energia elettrica e gas naturale” –, commi 1 e 2, secondo il quale: “1. Fino al 30 aprile 2023 è sospesa l'efficacia di ogni eventuale clausola contrattuale che consente all'impresa fornitrice di energia elettrica e gas naturale di modificare unilateralmente le condizioni generali di contratto relative alla definizione del prezzo ancorché sia contrattualmente riconosciuto il diritto di recesso alla controparte. 2. Fino alla medesima data di cui al comma 1 sono inefficaci i preavvisi comunicati per le suddette finalità prima della data di entrata in vigore del presente decreto, salvo che le modifiche contrattuali si siano già perfezionate”.

Secondo l’Autorità, la Società avrebbe ritenuto che i contratti dei propri clienti (recte, le offerte commerciali contenenti il prezzo dell’energia) fossero “in scadenza”, proponendo loro una variazione del prezzo del tutto similare a quelle in precedenza comunicate come variazione unilaterale (ovviamente in aumento), evitabile solo con il recesso dall’intero rapporto di somministrazione da comunicare entro tre mesi; inoltre, la Società non avrebbe indicato nelle comunicazioni inviate alla clientela una qualsivoglia “data di scadenza” delle offerte relative a contratti sottoscritti magari anni prima e per i quali le variazioni (sempre unilaterali) avevano riguardato quasi esclusivamente il prezzo senza cenni a scadenze temporali di sorta, né i consumatori erano in alcun modo pienamente edotti della presenza di tale scadenza.

L’AGCM, con l’atto impugnato, aveva quindi disposto che Enel Energia: “a) sospenda provvisoriamente ogni attività diretta a comunicare e ad applicare la variazione o il rinnovo delle condizioni economiche dei contratti in scadenza, confermando, fino al 30 aprile 2023, le condizioni di fornitura precedentemente applicate, comunicando individualmente ai consumatori interessati dalle predette comunicazioni, e con la medesima forma, l’applicazione delle precedenti condizioni di fornitura, ovvero, nel caso in cui i termini di perfezionamento delle nuove comunicazioni non siano ancora scaduti, l’inefficacia delle modifiche proposte; b) che la società Enel Energia S.p.A. comunichi individualmente e con la medesima forma ai consumatori che hanno esercitato il diritto di recesso a seguito della comunicazione delle nuove condizioni economiche inviata prima del 10 agosto o di rinnovo delle condizioni economiche inviata successivamente a tale data, la possibilità di ritornare in fornitura alle precedenti condizioni economiche”.

Il Consiglio di Stato, adito in un procedimento parallelo da un’altra società energetica, con l’ordinanza n. 5986 del 22 dicembre 2022, sospendeva parzialmente il provvedimento dell’Autorità (identico, nella parte in diritto, a quello impugnato nel presente giudizio) “nella parte in cui esso investa contratti a tempo determinato o contratti che prevedano una scadenza predeterminata delle condizioni economiche a data precedente il 30 aprile 2023 essendo in questione in tal caso non l’esercizio dello ius variandi ma un rinnovo contrattuale liberamente pattuito dalle parti” (Il Consiglio di Stato confermava, per il resto, il provvedimento dell’Autorità, ritenendo che “qualora invece si tratti di contratti a tempo indeterminato, che non prevedono scadenza nella parte economica o la prevedano in data posteriore al 30 aprile 2023, essi non possano essere modificati nella parte concernente le condizioni economiche prima della scadenza del termine indicato nell’art. 3 del D.L.115/2022 e pertanto per essi valga il “congelamento” dello ius variandi disposto dal decreto c.d. Aiuti bis”).

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) dichiara l’appello improcedibile e compensa le spese di lite.