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Accolto l'appello di Vodafone Italia S.p.A. contro il Comune di Torbole Casaglia


Pubblicato il: 1/14/2025

Nel contenzioso, Vodafone Italia S.p.A. è affiancata dagli avvocati Paolo Giovanni Borghi e Marco Sica; il Comune di Torbole Casaglia è difeso dagli avvocati Fiorenzo Bertuzzi, Gianpaolo Sina, Silvano Venturi e Paola Ramadori.

Con il ricorso di primo grado, Vodafone Italia S.p.A. ha proposto opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento n. 13148 del 25 settembre 2019 emanata, ai sensi dell’art. 2 del R.D. n. 639/1910, dal Comune di Torbole Casaglia per l’importo di € 109.870,56, oltre accessori, per la mancata corresponsione dei canoni convenzionali inerenti al contratto inter partes intervenuto in data 17 marzo 2005.

In particolare, il Comune di Torbole Casaglia e la società Vodafone Omnitel NV (poi trasformata in Vodafone Italia S.p.a., d’ora in poi “Vodafone”) in data 17 marzo 2005 hanno stipulato un “contratto di locazione di immobile ad uso non abitativo” avente ad oggetto “porzione di lastrico solare ed uno spazio all’interno del magazzino del Comune al piano seminterrato” (art. 2) al fine di consentire alla società di installarvi “impianti per telecomunicazioni, comprensivi di strutture, antenne e apparecchiature radio […]” (art. 5), per la durata di nove anni decorrenti dalla data di rilascio delle autorizzazioni necessarie all’installazione dell’impianto, tacitamente rinnovabili (art. 3), e verso un canone annuo pari ad euro 14.000, oltre Iva, con rivalutazione ISTAT ed applicazione di interessi legali di mora in caso di ritardato pagamento (art. 4).

Detto contratto è stato regolarmente adempiuto almeno fino al 2015, anno nel corso del quale Vodafone ha interrotto il pagamento del canone pattuito, limitandosi a versare il solo canone Cosap pari ad euro 516 annui, in asserita applicazione dell’art. 93, comma 2, del D.lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche, d’ora in poi CCE).

Il mancato pagamento dei canoni concordati con la convenzione del 2005, ha indotto il Comune, dopo plurime diffide, ad emanare l’ingiunzione di pagamento per cui è causa, per ottenere i canoni arretrati dovuti fino al primo semestre 2019, con maggiorazione dell’Iva e degli interessi legali di mora, per un totale di euro 109.870,56.

La ricorrente ha chiesto, quindi, l’accertamento della nullità ex art. 1419 c.c. di tutte le clausole del contratto relative alla determinazione del canone in misura difforme da quanto previsto dall’art. 93, comma 2, del CCE, con eterointegrazione, ex art. 1339 c.c., delle clausole suddette mediante inserimento della previsione del corrispettivo imposto dalla legge ai sensi del citato art. 93 del CCE e s.m.i.

Il Comune non si è costituito nel giudizio di primo grado.

Con la sentenza impugnata, il Tar ha ritenuto preliminarmente sussistente la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a. in quanto “la fattispecie riguarda pacificamente la determinazione del quantum del canone e non attiene a questioni meramente patrimoniali”.

Nel merito, il Tar ha accolto in parte il ricorso con parziale annullamento dell’ingiunzione opposta e ha dichiarato la nullità della convenzione inter partes intervenuta nella parte in cui stabilisce un canone maggiore rispetto a quello risultante dalla applicazione della normativa Tosap o Cosap con effetti decorrenti dalla data di entrata in vigore dell'art. 8-bis, comma 1, lett. c), del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito con modificazioni dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12, che ha novellato l’art. 93, comma 2, CCE introducendo la seguente proposizione “restando quindi escluso ogni altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsivoglia ragione o titolo richiesto”.

La società ricorrente ha appellato la sentenza contestando, sostanzialmente, l’interpretazione della normativa data dal giudice di prime cure e deducendo i seguenti motivi di gravame.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, accoglie l’appello incidentale e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario.