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La Corte di Cassazione accoglie parzialmente il ricorso dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli contro Marcolin S.p.A. e D.B. Group S.p.A.


Pubblicato il: 1/27/2025

Nel contenzioso, D.B. Group S.p.A. e Marcolin S.p.A. sono affiancate dagli avvocati Antonio Rizzo, David Magnolia e Lorenzo Ugolini.

La Corte di Cassazione ha emesso una sentenza significativa riguardante un contenzioso tra l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Marcolin S.p.A. e D.B. Group S.p.A. La vicenda ha avuto origine da avvisi di accertamento e conseguenti atti sanzionatori relativi alla rideterminazione di diritti doganali e di IVA per la mancata inclusione dei diritti di licenza nel valore delle importazioni di occhiali o parti di occhiali effettuate nel 2018.

Marcolin S.p.A. e D.B. Group S.p.A. avevano impugnato separatamente gli avvisi di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, che aveva accolto parzialmente i ricorsi, confermando la ripresa concernente l'inclusione delle royalties ma accogliendo i ricorsi per ciò che concerne l'IVA all'importazione già corrisposta attraverso il meccanismo del reverse charge. L'Agenzia delle Dogane aveva appellato le sentenze, richiedendo la riforma delle stesse nella parte in cui avevano accolto il rilievo relativo all'IVA, mentre le società avevano proposto appelli incidentali avverso la parte relativa all'inclusione delle royalties.

La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto aveva rigettato l'appello erariale, osservando che la causa aveva il medesimo oggetto del contenzioso per l'anno 2016 definito dalla CTR del Veneto con sentenza n. 451/2021 a favore dei contribuenti. La Corte aveva accolto gli appelli incidentali delle società, pronunciando l'illegittimità degli avvisi di accertamento che avevano rettificato il valore delle merci importate, includendo la daziabilità delle royalties.

L'Agenzia delle Dogane ha quindi presentato ricorso per cassazione, basato su cinque motivi. La Corte di Cassazione ha accolto il terzo, quarto e quinto motivo del ricorso, rigettando gli altri.

Il terzo motivo riguardava la violazione dell'art. 3, comma 1, della legge n. 241/1990 e dell'art. 16 del d.lgs. n. 472/1997, censurando la sentenza impugnata che aveva annullato per difetto di motivazione gli avvisi doganali e gli atti di irrogazione delle sanzioni, con riguardo alle operazioni con licenzianti diversi dalla Diesel S.p.A. La Corte ha stabilito che la motivazione degli atti tributari esige soltanto l'indicazione di fatti astrattamente giustificativi, idonei a delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio nell'eventuale fase contenziosa.

Il quarto e quinto motivo riguardavano la violazione degli artt. 70 e 71 del Codice Doganale dell'Unione (CDU) e dell'art. 136 del Regolamento di esecuzione (Reg. CE n. 2015/2447), censurando la sentenza impugnata che aveva ritenuto l'insussistenza del "controllo" e delle condizioni legittimanti la imponibilità delle royalties riferite al contratto di licenza con la Diesel S.p.A. La Corte ha stabilito che la mancata specificazione, nell'accordo di licenza, in merito alla circostanza di subordinare la vendita delle merci importate al pagamento di un corrispettivo o di un diritto di licenza, non esclude di per sé che tali corrispettivi debbano integrare il valore in dogana.

La Corte di Cassazione ha quindi cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per un nuovo giudizio e la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. Questa decisione sottolinea l'importanza di una corretta applicazione delle norme in materia di valore doganale e di una valutazione accurata delle condizioni legittimanti l'inclusione delle royalties nel valore delle merci importate.