La Corte di Cassazione annulla la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria del Piemonte: Ludoil RE spa ottiene il rimborso dell'IRBA
Pubblicato il: 3/31/2025
L'avvocato Massimo Colarizi e l'avvocato Maria Laura Piovano hanno affiancato la Regione Piemonte. L'avvocato Luigi Tretola ha assistito Ludoil RE spa.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7955 del 2025, ha annullato la decisione della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, che aveva riconosciuto il diritto di Ludoil RE spa al rimborso dell'imposta regionale sulla benzina per autotrazione (IRBA). La sentenza impugnata, n. 549/2023, era stata depositata il 18 dicembre 2023.
La vicenda ha avuto origine quando Ludoil RE spa, titolare di diversi impianti di distribuzione di carburante nel territorio piemontese, ha presentato ricorso contro il diniego della Regione Piemonte alla richiesta di rimborso dell'IRBA, prevista dall'art. 3 della legge regionale Piemonte n. 47/1993. La Commissione Tributaria Provinciale di Torino aveva respinto il ricorso, sostenendo che il soggetto passivo dell'IRBA fosse il consumatore finale e che il soggetto erogatore avesse esclusivamente il ruolo di esattore del tributo.
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, accogliendo l'appello di Ludoil RE spa, aveva riconosciuto il diritto del soggetto erogatore al rimborso, nell'ipotesi in cui l'imposta fosse stata illegittimamente incassata dalla Regione. La Corte aveva stabilito che l'onere della prova spettasse all'Ufficio, che avrebbe dovuto dimostrare che l'imposta era stata effettivamente traslata ai consumatori finali. Tuttavia, la Regione Piemonte non aveva fornito tale prova, limitandosi a sostenere l'esistenza della traslazione sulla base di una supposta antieconomicità del prezzo di vendita della benzina.
La Regione Piemonte ha quindi presentato ricorso per cassazione, affidandosi a quattro motivi. Il primo motivo riguardava la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 29 comma 2 della legge n. 428/1990 e dell'art. 14 del d.lgs. n. 504/1992, sostenendo che la traslazione dell'imposta fosse un elemento connaturale e strutturale del tributo, rendendo obbligatorio l'esercizio di rivalsa su altri soggetti. Il secondo motivo riguardava l'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, mentre il terzo motivo contestava l'interpretazione dell'art. 29 comma 2 della legge n. 428/1990 da parte del Giudice di secondo grado. Infine, il quarto motivo, in via subordinata, riguardava la violazione dell'art. 7 comma 1 del d.lgs. n. 546/1992 e il difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia.
La Corte di Cassazione ha esaminato la questione della legittimazione passiva della Regione Piemonte, richiamando il principio secondo cui la decisione della causa nel merito non comporta la formazione del giudicato implicito sulla legittimazione ad agire. La Corte ha rilevato che l'IRBA, istituita dalla Regione Piemonte, non soddisfaceva i requisiti previsti dalla Direttiva 2008/118/CE, poiché non era individuabile la finalità specifica dell'imposta. La legislazione regionale aveva attribuito all'IRBA unicamente un fine di bilancio, senza stabilire un nesso diretto tra l'uso del gettito tributario e le finalità ambientali e di salute pubblica.
La Corte di Cassazione ha quindi concluso che l'incasso da parte della Regione del tributo in oggetto era indebito e che la clausola di salvezza non poteva sopravvivere alla radicale espunzione del tributo dall'ordinamento nazionale. Pertanto, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso originario e ha compensato le spese dei giudizi di merito e del giudizio di legittimità tra le parti.