Accolto il ricorso di Autostrade per l'Italia S.p.A. per la realizzazione di interventi di risanamento acustico
Pubblicato il: 5/30/2025
Nel contenzioso, Autostrade per l'Italia S.p.A. è affiancata dall'avvocato Marco Annoni.
Con sentenza n. 4192/2025, pubblicata il 16 maggio 2025, il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, ha accolto l’appello proposto da Autostrade per l’Italia S.p.A. (ASPI) contro la sentenza del TAR Lazio, Sezione Quarta, n. 8559/2024, annullandola e disponendo la rimessione della causa al giudice di primo grado in diversa composizione, ai sensi dell’art. 105 del Codice del processo amministrativo.
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da ASPI avverso il decreto n. 10856 del 2017, con cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti aveva revocato in autotutela il precedente provvedimento n. 8620 del 2016, che riconosceva ribassi tra il 5% e il 16% per tredici interventi di risanamento acustico, rideterminando i ribassi nella misura più elevata già fissata con il provvedimento n. 1312 del 2016. ASPI ha contestato la legittimità di tale revoca, lamentando la violazione di norme di legge e convenzionali, tra cui l’art. 253 del d.lgs. n. 163/2006, l’art. 24 della convenzione di concessione, la circolare ANAS dell’11 maggio 2012 e gli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241/1990. In via subordinata, ha chiesto l’indennizzo previsto dall’art. 21-quinquies della medesima legge.
Il TAR Lazio aveva dichiarato irricevibile il ricorso per tardività, ritenendo che l’atto lesivo fosse il provvedimento del 28 gennaio 2016, non impugnato tempestivamente, e che gli atti successivi non avessero natura lesiva autonoma. Di conseguenza, aveva dichiarato improcedibile il ricorso e i motivi aggiunti, escludendo altresì il diritto all’indennizzo.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto fondato il primo motivo di appello, con cui ASPI ha denunciato la violazione del principio del contraddittorio, sancito dagli artt. 2 e 73 del c.p.a., 101 c.p.c. e 111 Cost. Il TAR, infatti, ha rilevato d’ufficio questioni di rito decisive (quali l’irricevibilità del ricorso rispetto al provvedimento del 2016 e la conseguente improcedibilità degli atti successivi), senza sottoporle al contraddittorio delle parti, né in udienza né mediante ordinanza. Tale omissione ha comportato una compromissione del diritto di difesa, determinando la nullità della sentenza impugnata.
Il Consiglio ha richiamato consolidata giurisprudenza secondo cui la mancata attivazione del contraddittorio su questioni rilevate d’ufficio, specie se miste di fatto e diritto, comporta la violazione del principio del giusto processo e impone l’annullamento della sentenza con rinvio al primo giudice. In particolare, è stato ribadito che il giudice non può fondare la decisione su una riqualificazione della vicenda o su eccezioni non sollevate dalle parti senza darne avviso, pena la lesione del diritto delle parti a partecipare effettivamente al processo.
In conclusione, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello di ASPI, annullato la sentenza del TAR Lazio e disposto la rimessione della causa al giudice di primo grado. Le spese del doppio grado sono state integralmente compensate tra le parti.