Il Consiglio di Stato conferma la clausola sull’alea contrattuale: respinto l’appello di Gesenu contro il Comune di Viterbo
Pubblicato il: 5/31/2025
Nel contenzioso, Gesenu S.p.A. è affiancata dall'avvocato Giovanni Ranalli; il Comune di Viterbo è difeso dall'avvocato Paola Conticiani.
Con sentenza n. 4226/2025, pubblicata il 16 maggio 2025, il Consiglio di Stato, Sezione Quarta, ha respinto l’appello proposto da Gesenu S.p.A. avverso la sentenza del TAR Lazio, Sezione Seconda, n. 4357/2023, confermando la legittimità della clausola contrattuale che prevede la detrazione di un’alea del 3% sull’adeguamento del canone per il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani nel Comune di Viterbo.
La controversia trae origine dal contratto stipulato il 6 settembre 2012 tra Gesenu e il Comune di Viterbo, per un importo complessivo di oltre 49 milioni di euro, con durata di sei anni. L’articolo 10 del contratto prevedeva la possibilità di revisione del canone in base all’indice ISTAT, ma con una detrazione fissa del 3% a titolo di alea contrattuale. Gesenu ha impugnato tale clausola, ritenendola nulla per contrasto con l’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006, che disciplina la revisione dei prezzi nei contratti pubblici.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto infondata la tesi dell’appellante, chiarendo che l’art. 115 non vieta l’introduzione di una soglia di franchigia all’adeguamento del prezzo. La norma impone l’inserimento di una clausola di revisione, ma non esclude la possibilità di prevedere una soglia minima di variazione, al di sotto della quale l’adeguamento non si applica. Tale impostazione è coerente con i principi generali in materia contrattuale, come emerge anche dall’art. 1664 c.c., e trova conferma nella giurisprudenza amministrativa e nella normativa successiva, tra cui il d.lgs. n. 36/2023.
Il Collegio ha inoltre respinto il secondo motivo di appello, con cui Gesenu lamentava l’inerzia del Comune rispetto alle richieste di rimozione della franchigia, rilevando che la censura è nuova e comunque infondata, poiché la clausola contestata è valida e non sussiste alcun obbligo di pagamento del maggior importo richiesto. Di conseguenza, è stato rigettato anche il terzo motivo, relativo agli interessi moratori, in quanto accessorio a un credito inesistente.
In conclusione, il Consiglio di Stato ha respinto l’appello e confermato la validità della clausola contrattuale sull’alea del 3%, compensando le spese del grado di giudizio tra le parti.