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Inammissibile il ricorso di Bernardi Group contro AE


Pubblicato il: 5/20/2025

Nel contenzioso, Bernardi Group S.p.A. è affiancata dagli avvocati Riccardo Vianello e Giuseppe Marini.

Con sentenza n. 12587/2025, pubblicata il 12 maggio 2025, la Corte di Cassazione, Sezione Quinta Civile, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da Bernardi Group S.p.A. contro la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 2109/09/2016, confermando così la legittimità dell’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate per l’anno d’imposta 2010.

La vicenda trae origine dal disconoscimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, del costo sostenuto dalla società per l’acquisto del marchio “Bernardi” dalla controllante Nuova SO.FI.A., ritenuto non inerente ai fini della deduzione IRES. L’Ufficio aveva rilevato che il marchio non era stato mai utilizzato dalla società acquirente e che la stessa operava con un marchio di fatto, non registrato, prodotto e distribuito autonomamente.

La Commissione tributaria provinciale di Roma aveva rigettato il ricorso della contribuente, decisione confermata in appello dalla CTR Lazio, la quale aveva escluso l’applicabilità della nozione di “inerenza allargata”, rilevando l’assenza di confondibilità tra i due marchi.

La società ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l’omesso esame di un fatto decisivo, ossia l’interesse imprenditoriale all’acquisto del marchio in disuso per evitare contestazioni in sede di registrazione del marchio di fatto. La Corte ha tuttavia ritenuto il motivo inammissibile sotto molteplici profili.

In primo luogo, la Corte ha richiamato l’orientamento consolidato secondo cui il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. è configurabile solo in presenza di un omesso esame di un fatto storico decisivo, e non di mere valutazioni o deduzioni difensive. Inoltre, ha rilevato che il ricorso non ha superato il vaglio della “doppia conforme”, non avendo la ricorrente allegato alcuna divergenza tra le motivazioni delle due decisioni di merito.

La Corte ha infine osservato che le circostanze dedotte dalla società non integrano fatti storici, ma valutazioni in ordine all’inerenza del costo, e pertanto non sono suscettibili di censura in sede di legittimità.

In conclusione, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, senza statuizione sulle spese, in quanto l’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata, e ha disposto, se dovuto, il versamento dell’ulteriore contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002.