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Il Consiglio di Stato accoglie l’appello di Arera: inammissibile la richiesta di Interconsult per la restituzione dei corrispettivi di sbilanciamento


Pubblicato il: 6/7/2025

Nel contenzioso, gli avvocati Francesco Luigi Braschi, Ariel Dello Strologo e Andrea Mozzati hanno assistito Interconsult Claims S.p.A. (già Interconsult S.p.A.); Terna – Rete Elettrica Nazionale S.p.A. è stata difesa dagli avvocati Daniela Carria e Fabio Baglivo.

Con sentenza  n. 4480 del 2025 (RG n. 7/2025), il Consiglio di Stato ha accolto l’appello principale proposto da Arera e ha respinto l’appello incidentale di Interconsult Claims S.p.A., riformando integralmente la sentenza del TAR Lombardia n. 3550/2024. Il ricorso di primo grado è stato dichiarato inammissibile per insussistenza dell’obbligo di provvedere da parte di Arera e Terna.

La controversia trae origine dall’istanza presentata da Interconsult il 29 aprile 2024, con cui la società chiedeva la restituzione di euro 392.872,65, versati a titolo di ricalcolo dei corrispettivi di sbilanciamento per il periodo luglio 2012 – settembre 2014, in applicazione della delibera Arera n. 333/2016. Tale delibera era stata annullata da una serie di sentenze del Consiglio di Stato (Sez. VI, nn. 5625, 5700, 6505, 6504 e 6498 del 2021), confermate anche in sede di revocazione.

Il TAR aveva accolto parzialmente il ricorso, ritenendo sussistente l’obbligo di Arera di pronunciarsi sull’istanza, almeno per chiarire i limiti soggettivi e oggettivi del giudicato. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha riformato tale decisione, rilevando che l’istanza non sollecitava un’attività provvedimentale, ma si configurava come una richiesta di pagamento, fondata su un presunto obbligo restitutorio derivante dall’annullamento giurisdizionale della delibera.

Il Collegio ha chiarito che la richiesta di Interconsult non rientra nell’ambito dell’azione contro il silenzio-inadempimento ex artt. 31 e 117 c.p.a., la quale è esperibile solo a tutela di interessi legittimi e non per pretese meramente patrimoniali. La domanda, qualificabile come azione di ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., non può essere azionata con il rito speciale del silenzio, ma richiede un diverso percorso giurisdizionale.

La sentenza, redatta dalla Cons. Carmelina Addesso, ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado, compensando le spese del doppio grado di giudizio in ragione della peculiarità della controversia.