Roma Capitale vince sul Programma Nuova Fiera di Roma respinto l'appello delle società AGA 2005 e Progetto Fiera
Pubblicato il: 6/13/2025
Gli avvocati Raffaele Bifulco, Carlo Contaldi La Grotteria, Paolo Pittori e Michela Urbani hanno rappresentato le società Aga 2005 s.r.l. Unipersonale e Progetto Fiera s.r.l. L'avvocato Andrea Magnanelli ha assistito Roma Capitale. Gli avvocati Pasquale Frisina e Caterina Mercurio hanno rappresentato Investimenti s.p.a.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4690/2025 (RG n. 3776/2023), ha definito il contenzioso relativo all’attuazione del Programma Urbanistico “Nuova Fiera di Roma”, respingendo definitivamente le pretese delle società AGA 2005 s.r.l. Unipersonale e Progetto Fiera s.r.l., le quali miravano a ottenere il riconoscimento della possibilità di procedere a una variante semplificata dell’accordo urbanistico a causa dei vincoli dovuti ai ritrovamenti archeologici.
La vicenda prende avvio dalla richiesta, da parte delle società ricorrenti, di approvare una variante al programma urbanistico per la Nuova Fiera di Roma in modalità semplificata ai sensi dell’art. 1 bis della l.r. n. 36/87, giustificata dalla necessità di adattare il piano esecutivo a sopravvenuti vincoli archeologici. Tuttavia, Roma Capitale—difesa nel giudizio dall’avvocato Andrea Magnanelli—ha ritenuto che le modifiche richieste (in particolare il cambio della destinazione d’uso fieristico-direzionale su parte del comparto Z1 e la modifica degli standard urbanistici) fossero di tale rilievo da non poter rientrare nell’ambito della procedura semplificata.
Le società appellanti, assistite dagli avvocati Bifulco, Contaldi La Grotteria, Pittori e Urbani, sostenevano che le variazioni fossero pienamente compatibili con la normativa regionale e non pregiudicassero i parametri essenziali (standard urbanistici, volumi, destinazioni d’uso), né travalicassero i limiti percentuali previsti dalla legge per le varianti semplificate. Roma Capitale (e Investimenti s.p.a., rappresentata dagli avvocati Frisina e Mercurio) contestava, invece, il superamento dei limiti di modifica e la necessità di procedere con un iter ordinario, coinvolgendo pienamente gli organi consiliari e non unicamente la giunta.
Il Consiglio di Stato ha accertato che il T.a.r. aveva erroneamente dichiarato l’improcedibilità del ricorso per carenza sopravvenuta di interesse ma, entrando nel merito, ha riconosciuto la correttezza giuridica delle ragioni di Roma Capitale. Sono stati ritenuti decisivi due elementi: la modifica di destinazione d’uso (da “fieristico-espositivo” a “direzionale-ricettivo”) oltre il limite del 10% della volumetria prevista per la funzione originaria, e la riduzione degli extra-standard di parcheggi e verde pubblico, riguardando aspetti considerati sostanziali dalla disciplina regionale.
Il Collegio ha sottolineato che solo le varianti che non alterano destinazioni d’uso in misura superiore al concedibile o gli standard urbanistici previsti dallo strumento attuativo possono essere approvate in via semplificata. Il progetto proposto, invece, incideva profondamente su più parametri essenziali del programma urbanistico approvato e avrebbe richiesto, pertanto, la via ordinaria e non quella semplificata. La sentenza chiarisce inoltre che modifiche che riguardano la redistribuzione delle aree pubbliche, lo spostamento di edificabilità tra comparti con destinazione differente e la variazione degli standard urbanistici non possono essere considerate “non sostanziali” ai sensi della l.r. n. 36/87.
Il ricorso di primo grado delle società è stato quindi integralmente respinto, e le spese compensate tra le parti per entrambi i gradi di giudizio, indicando la peculiarità e la complessità della vicenda. Il pronunciamento conferma la centralità dei principi di legalità e pianificazione urbanistica pubblica rispetto alle richieste dei privati, soprattutto laddove siano coinvolti interessi di rilievo collettivo come l’assetto del territorio e la redistribuzione delle funzioni urbanistiche.