Grimoldi S.r.l. ottiene conferma sui termini della concessione in Piazza Duomo
Pubblicato il: 6/16/2025
Gli Avvocati Giuseppe Lepore, Antonello Mandarano, Enrico Barbagiovanni e Sara Francesca Simone hanno assistito il Comune di Milano. L'Avvocato Serena Patrisso ha rappresentato Grimoldi S.r.l.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4725/2025 (RG n. 4623/2024), ha affrontato una vicenda concernente la concessione d’uso di un immobile storico-commerciale nel centro di Milano. Grimoldi S.r.l., titolare dal 1984 di un negozio in Piazza Duomo n. 21, aveva impugnato il provvedimento con cui il Comune di Milano aveva fissato i nuovi canoni di concessione, indicando anche una decorrenza anticipata e una superficie maggiore rispetto al precedente contratto.
Il caso si è sviluppato su due fronti d’appello: da un lato, il Comune di Milano contestava l’accoglimento parziale ottenuto da Grimoldi in primo grado sul riconoscimento della proroga legale emergenziale e sulla corretta metratura dell’immobile; dall’altro, Grimoldi lamentava la legittimità dei criteri di determinazione del canone e l’eccesso di rigore nella valutazione dei limiti dimensionali del proprio ricorso.
Il Consiglio di Stato ha confermato quanto stabilito dal TAR Lombardia: l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 103, comma 2, del d.l. 18/2020, che, in risposta all’emergenza COVID-19, ha disposto la proroga automatica delle concessioni in scadenza. La concessione, dunque, non poteva considerarsi cessata nel giugno 2020, ma doveva essere prorogata fino al 29 giugno 2022. Tali effetti derivavano dalla formulazione ampia della norma, che si riferisce a "tutte le concessioni" pubbliche senza esclusione, e dalla ratio della disposizione volta a congelare le situazioni giuridiche e assicurare uguaglianza tra operatori colpiti dagli effetti della pandemia.
Altro punto cruciale, confermato dalla pronuncia, riguarda la determinazione della superficie oggetto di concessione. Il Consiglio ha ribadito che la metratura è elemento essenziale per il calcolo del canone e che il Comune dovrà effettuare una nuova verifica congiunta per accertare quella corretta, evitando un aggravio di costi per il concessionario in caso di errore sul dato dimensionale (la differenza contestata ammontava a circa 43.000 euro annui).
Sono state altresì respinte tutte le censure sulle modalità di calcolo del nuovo canone (basato sulla media delle offerte delle gare più recenti tra attività simili), sulle presunte disparità di trattamento e sulle tempistiche imposte per l’accettazione della proposta contrattuale. I giudici hanno ribadito che il sistema adottato dal Comune per bilanciare la valorizzazione del patrimonio pubblico e la tutela delle attività storiche è conforme ai principi di ragionevolezza, trasparenza e non discriminazione, evidenziando l’assenza di profili di illogicità o arbitrarietà nella determinazione sia del canone sia delle categorie funzionali di riferimento.
Infine, la richiesta del Comune di rinviare la questione pregiudizialmente alla Corte di Giustizia UE sul potenziale contrasto della proroga con i principi di concorrenza è stata dichiarata inammissibile.
Pertanto, il Consiglio di Stato ha rigettato entrambi gli appelli, riconoscendo la piena legittimità della soluzione di primo grado e compensando le spese di lite in ragione della complessità e reciprocità delle soccombenze.