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Finpiemonte ottiene conferma della detraibilità delle ritenute sugli interessi attivi bancari


Pubblicato il: 6/6/2025

Gli Avvocati Livia Salvini e Davide De Girolamo hanno assistito Finpiemonte S.p.A.

Con la sentenza n. 13935/2025 della Corte di Cassazione, Sezione V Civile, è stata decisa una rilevante controversia in materia di imposte sui redditi delle società, con specifico riferimento alla possibilità per Finpiemonte S.p.A., società in house della Regione Piemonte, di considerare detraibili le ritenute operate sugli interessi attivi bancari maturati su fondi regionali.

I fatti di causa vertono su un avviso di accertamento relativo all'anno 2006, con il quale l'Agenzia delle Entrate contestava a Finpiemonte l’indebita detrazione delle ritenute bancarie. Secondo l’Ufficio, tali ritenute, ai sensi dell’art. 26 d.P.R. n. 600/1973, avrebbero dovuto essere considerate a titolo di imposta (e quindi definitive) e non di acconto, poiché le somme e i correlativi interessi sarebbero spettati alla Regione Piemonte (ente pubblico esente ex art. 74 TUIR), e non alla società gestore, vista la natura dei fondi pubblici e il ruolo della società quale mero mandatario senza rappresentanza.

Finpiemonte ha contestato tale impostazione avanti le Commissioni tributarie, ottenendo accoglimento sia in primo che in secondo grado; le Commissioni hanno riconosciuto la natura autonoma della società in house come soggetto passivo di imposta e la corretta imputazione degli interessi attivi quale reddito proprio, data la disponibilità e gestione autonoma dei fondi. La CTR, nel confermare la decisione di primo grado, ha valorizzato soprattutto la nozione di "possesso di reddito" ai fini tributari, differente da quella civilistica e fondata, per i redditi di capitale, sulla disponibilità materiale e sulla gestione in nome e per conto proprio del danaro e degli interessi.

In Cassazione, l’Agenzia delle Entrate ha riproposto le proprie difese contestando la titolarità degli interessi in capo a Finpiemonte e richiamando l’art. 39 l. 342/2000, che esclude la soggettività passiva d’imposta per i fondi pubblici di agevolazione. Tuttavia, la Corte, con una dettagliata ricostruzione del concetto di "possesso di reddito" e analizzando il regime fiscale delle società in house (richiamando anche recenti orientamenti giurisprudenziali), ha ribadito che la posizione della società non si confonde con quella dell’ente pubblico partecipante. Ne consegue che le somme e i relativi interessi formalmente e sostanzialmente gestiti dalla società sono imputabili a quest’ultima quale soggetto autonomo, con assoggettamento alle regole ordinarie e possibilità di detrazione delle ritenute a titolo di acconto.

Inoltre, la Corte ha escluso l’applicazione alle società in house del regime speciale riservato ai soggetti pubblici ex art. 74 TUIR, affermando l’impossibilità di interpretare in modo estensivo norme di carattere derogatorio della soggettività passiva d’imposta.

Per questi motivi, la sentenza impugnata è stata confermata e il ricorso dell’Agenzia delle Entrate interamente rigettato, con condanna alle spese processuali. La decisione fornisce una significativa conferma della posizione giuridica delle società in house in materia fiscale, ponendo un principio di diritto che valorizza l’autonomia gestionale e contabile rispetto all’ente pubblico di riferimento.