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Il Consiglio di Stato conferma: Irma S.r.l. deve rimuovere i rifiuti nel Parco del Delta del Po


Pubblicato il: 6/18/2025

L’Avvocato Andrea Manzi ha assistito Irma S.r.l. L’Avvocato Carmela Cappello ha rappresentato l’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità – Delta del Po. L’Avvocato Lorenzo Valgimigli ha rappresentato il Comune di Comacchio.

Con sentenza n. 4820/2025, pubblicata il 3 giugno 2025, il Consiglio di Stato, Sezione Quarta, ha respinto l’appello proposto da Irma S.r.l. contro la sentenza del TAR Emilia-Romagna n. 348/2022, confermando la legittimità dell’ordinanza n. 55/2016 dell’Ente Parco Delta del Po, che imponeva la rimozione dei rifiuti e il ripristino dello stato dei luoghi in un’area protetta del Parco, in località Valle Pega, nel Comune di Comacchio.

La vicenda trae origine da una segnalazione del Corpo Forestale dello Stato del 2013, che denunciava la presenza di una discarica abusiva di rifiuti pericolosi e non pericolosi, gestita da Irma S.r.l. e Laguna s.c. a r.l., all’interno di un’area di rilevante interesse ambientale. Le indagini penali, concluse con la sentenza del Tribunale di Ferrara n. 568/2018, hanno accertato la presenza di circa 130.000 metri cubi di materiali abbandonati, tra cui fanghi, gessi, plastiche, metalli pesanti e percolati, con grave rischio di inquinamento ambientale. Il legale rappresentante della società è stato condannato per reati ambientali e violazioni amministrative, con obbligo di bonifica e confisca dell’area.

Nonostante le ordinanze del Comune di Comacchio e dell’Ente Parco, Irma S.r.l. non ha mai provveduto alla rimozione dei rifiuti, sostenendo che si trattasse di sottoprodotti destinati alla produzione di fertilizzanti. La società ha impugnato l’ordinanza dell’Ente Parco, lamentando, tra l’altro, incompetenza dell’ente, violazione del principio del contraddittorio, carenza di istruttoria, e la presunta natura non rifiutuale dei materiali.

Il Consiglio di Stato ha rigettato tutti gli otto motivi di appello. Ha confermato che l’Ente Parco era legittimato ad adottare l’ordinanza ai sensi dell’art. 60, comma 3, della L.R. n. 6/2005, in quanto autorità competente alla tutela ambientale dell’area protetta. Ha ritenuto infondata la tesi della società circa la natura di sottoprodotti dei materiali, valorizzando le risultanze della CTU disposta in sede penale e la precedente sentenza del Consiglio di Stato n. 6402/2014, che aveva già qualificato tali materiali come rifiuti.

Il Collegio ha inoltre ribadito che le misure ripristinatorie ambientali non sono alternative ma concorrenti rispetto alle sanzioni penali e amministrative, in quanto finalizzate alla tutela effettiva dell’ambiente. Ha escluso la violazione del diritto al contraddittorio, rilevando che la società era pienamente a conoscenza del procedimento e ha avuto modo di interloquire con le autorità competenti.

La sentenza conferma l’importanza della tutela ambientale nelle aree protette e la responsabilità degli operatori economici nel garantire la corretta gestione dei rifiuti. Irma S.r.l. è stata condannata al pagamento delle spese processuali per un totale di 9.000 euro, da ripartirsi tra le tre amministrazioni resistenti.