Fallimento S.G.T. si impone sull’AGCOM nella controversia sulle sanzioni postali
Pubblicato il: 6/25/2025
L’avvocato Antonio Giacalone ha assistito il Fallimento S.G.T. S.p.A.
Il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, con la sentenza n. 5033/2025 (n. 8382/2023 REG.RIC.), ha accolto l’appello presentato dal Fallimento S.G.T. S.p.A. contro la delibera sanzionatoria dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) relativa a presunte violazioni in tema di titoli abilitativi per l’offerta al pubblico di servizi postali.
La vicenda origina dalla contestazione avanzata dall’AGCOM con la delibera n. 174/20/CONS, adottata nel maggio 2020, che aveva irrogato a S.G.T. una multa di 90.000 euro per aver affidato l’esecuzione di servizi postali a società prive di titolo abilitativo, sostenendo che tali relazioni contrattuali dissimulassero una unità organizzativa sotto la direzione di S.G.T. Secondo l’AGCOM, le clausole dei contratti evidenziavano poteri incisivi di direzione e controllo sulla gestione delle società affidatarie, integrando così una responsabilità diretta di S.G.T. in ordine al possesso dei necessari titoli da parte dei terzi incaricati.
Il Tar Lazio inizialmente aveva respinto il ricorso principale di S.G.T. e dichiarato inammissibili i motivi aggiunti, affermando la giurisdizione ordinaria sui vizi propri della cartella di pagamento collegata all’irrogazione della sanzione. Il Fallimento S.G.T. S.p.A. ha quindi proposto appello rilevando, tra l’altro, l’inesistenza di una norma che direttamente o indirettamente obbligasse l’impresa appaltante a verificare il possesso dei titoli abilitativi da parte di fornitori o subappaltatori e contestando l’assenza di un reale accertamento sull’unitarietà organizzativa e direzionale tra S.G.T. e i terzi coinvolti.
Il Consiglio di Stato ha riconosciuto la fondatezza dell’impugnazione, richiamando precedenti giurisprudenziali acquisiti in casi analoghi (Cons. St. nn. 3111/2019, 6490 e 6491/2020), sottolineando come la legge preveda la sanzione esclusivamente per i soggetti che esercitano servizi postali senza il necessario titolo abilitativo. Di conseguenza, è stato affermato che l’art. 21, comma 7, d.lgs. 261/1999 non consente di imputare la responsabilità per mancanza di titolo abilitativo a soggetti diversi rispetto a chi effettivamente svolge il servizio senza autorizzazione.
Il Consiglio di Stato ha inoltre chiarito che la mera esistenza di strumenti contrattuali o di sistemi organizzativi comuni non prova, in automatico, un’attività di direzione e coordinamento tale da far configurare un unico centro decisionale. Solo la presenza di atti sistematici e costanti di indirizzo sulla gestione delle società terze, capaci di incidere strategicamente sulle scelte operative di queste, può legittimare una tale imputazione di responsabilità. Nel caso di S.G.T., le clausole evidenziate dall’Autorità sono state ritenute non sufficienti ad escludere l’autonomia delle parti contrattuali.
La sentenza ha quindi annullato il provvedimento sanzionatorio principale, con assorbimento degli ulteriori motivi e la conseguente inefficacia automatica della cartella di pagamento collegata. Sono state compensate le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
La decisione, pubblicata l’11 giugno 2025, pone un punto fermo nel contenzioso tra imprese postali e Autorità, riaffermando i principi di tassatività e legalità in materia di sanzioni amministrative e delimitando con chiarezza l’ambito delle responsabilità delle società appaltanti nel sistema dei servizi postali.