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Roma Capitale confermata la corretta estinzione nel contenzioso IMU contro ATER


Pubblicato il: 6/18/2025

L'avvocato Giuseppe Tinelli ha assistito l'ATER – Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale Pubblica del Comune di Roma. L'avvocato Umberto Garofoli ha rappresentato Roma Capitale.

La Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con sentenza n. 15257 del 2025, ha posto fine all'annosa controversia tra ATER dell'Edilizia Residenziale Pubblica del Comune di Roma e Roma Capitale, dichiarando l'estinzione del processo e respingendo il ricorso per revocazione promosso da ATER.

La vicenda nasce in seguito a un avviso di accertamento del Comune di Roma che contestava ad ATER il pagamento di un’IMU maggiorata per l’anno 2012, applicando aliquote differenziate rispetto a quanto versato dall’ente per una vasta platea di immobili, parte dei quali adibiti a residenza e parte ad attività commerciali.

Il procedimento, avviato con il ricorso ATER iscritto al n. 21882/2018 R.G. e successivamente riunito al ricorso per revocazione n. 12209/2024 R.G., aveva già visto due gradi di giudizio contrari all’azienda: sia la Commissione Tributaria Provinciale che la Commissione Tributaria Regionale avevano confermato l’impostazione del Comune, escludendo la possibilità per ATER di beneficiare del regime agevolato previsto per l’abitazione principale, stante la natura locativa del rapporto tra l’ente e gli assegnatari degli alloggi.

La fase di legittimità è stata incentrata sull’interpretazione delle norme regolanti il procedimento in cassazione, ed in particolare sull’efficacia e sui presupposti del decreto di estinzione ex art. 380-bis e 391 cod.proc.civ. In seguito alla proposta di definizione accelerata ritenuta manifestamente infondata la censura di ATER, la ricorrente aveva richiesto la sospensione del procedimento in ragione dell’adesione alla c.d. "rottamazione quater" (definizione agevolata dei carichi tributari prevista dalla legge n. 197/2022), allegando la relativa documentazione.

Il Consigliere delegato, rilevato il mancato deposito di una formale istanza di decisione del ricorso nel termine perentorio previsto, dichiarava l’estinzione del giudizio con decreto n. 5773/2024.

L’ATER proponeva allora ricorso per revocazione assumendo che la Corte avrebbe erroneamente trascurato l’istanza di sospensione ai sensi della normativa sulla definizione agevolata, che avrebbe dovuto sospendere il procedimento fino al completamento dei pagamenti rateali.

La Suprema Corte, dopo ampia ricostruzione dei rimedi processuali applicabili, ha tuttavia ritenuto il ricorso per revocazione inammissibile, chiarendo che l’errore revocatorio presuppone una falsa percezione materiale del dato di fatto e non può investire profili valutativi o interpretativi. Nel caso concreto, il mero deposito dell’istanza di sospensione non equivale a una rituale istanza di decisione, necessaria a impedire la formazione della rinuncia implicita e quindi l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. La Corte ha sottolineato come la sequenza procedimentale imponga, a fronte della proposta di definizione accelerata, un preciso onere a carico del ricorrente: la presentazione nel termine di una istanza espressa di decisione. In assenza di tale atto, si verifica una rinuncia tacita che estingue il processo.

Con la decisione odierna la Corte ha quindi respinto il ricorso per revocazione di ATER, dichiarato l’estinzione del giudizio principale e disposto la compensazione delle spese in ragione della particolarità della questione e della pendenza della procedura di definizione agevolata. Resta inoltre a carico dell’ente ricorrente, ove dovuto, il pagamento dell’ulteriore contributo unificato previsto dalla legge.

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