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Agenzia delle Entrate ottiene la cassazione sul caso Europe Energy nel contenzioso sull’IVA per operazioni circolari


Pubblicato il: 6/25/2025

Lo Studio Tributario Deiure e gli avvocati Nicola Caso, Benedetto Colucci e Andrea Zoccali hanno assistito Europe Energy S.p.A.

Con la sentenza n. 15952 del 2025, pubblicata il 14 giugno 2025, la Corte di Cassazione, Sezione V Civile, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – Sezione staccata di Brescia (n. 1520/23/20 del 08/07/2020), che aveva confermato l’annullamento di un avviso di accertamento per IVA relativo all’anno d’imposta 2010 nei confronti di Europe Energy spa. La Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia in diversa composizione.

La vicenda trae origine da un processo verbale di constatazione redatto dalla Polizia Tributaria di Roma nell’ambito di indagini su Green Network spa e altre società del settore energetico. Secondo l’Agenzia, le operazioni di compravendita di energia tra Green Network e Europe Energy, caratterizzate da scambi reciproci e simultanei di pari quantità e valore, costituivano operazioni oggettivamente inesistenti, finalizzate a generare indebite detrazioni IVA per un ammontare di oltre 2,7 milioni di euro.

La CTR lombarda aveva rigettato l’appello dell’Agenzia, ritenendo che le operazioni non potessero qualificarsi come inesistenti, sulla base di due argomenti principali: l’archiviazione del procedimento penale a carico degli amministratori di Green Network, in cui il GIP aveva escluso la fittizietà delle operazioni, e l’esistenza di una consolidata giurisprudenza favorevole alle società coinvolte in analoghi contenziosi.

La Cassazione ha ritenuto infondato il primo motivo di ricorso, relativo alla presunta apparenza o contraddittorietà della motivazione della CTR, riconoscendo che la sentenza impugnata raggiungeva il minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. Tuttavia, ha accolto il secondo e il terzo motivo, rilevando due vizi decisivi.

In primo luogo, la Corte ha chiarito che il decreto di archiviazione penale non ha efficacia vincolante nel processo tributario, non potendo precludere una diversa valutazione dei fatti da parte del giudice tributario. In secondo luogo, ha censurato l’uso improprio da parte della CTR del concetto di “communis opinio giurisprudenziale”, osservando che la giurisprudenza di merito non può sostituirsi alla valutazione autonoma degli elementi indiziari raccolti dall’Amministrazione, specie in presenza di un quadro probatorio articolato e coerente, come quello descritto nel PVC.

La Cassazione ha quindi ritenuto che la CTR abbia omesso di valutare adeguatamente gli indizi forniti dall’Ufficio, tra cui la perfetta corrispondenza tra acquisti e vendite, l’assenza di movimentazione fisica dell’energia, la mancanza di struttura operativa della società contribuente e la natura circolare delle operazioni. Tali elementi, secondo la Corte, imponevano un esame approfondito alla luce dei criteri presuntivi di cui all’art. 2729 c.c. e dei principi unionali in materia di IVA.

La sentenza rappresenta un importante chiarimento sul valore probatorio degli atti penali nel contenzioso tributario e riafferma il dovere del giudice di merito di svolgere un’autonoma valutazione degli elementi indiziari, senza affidarsi a precedenti non vincolanti. La causa torna ora alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia per un nuovo esame nel merito.