Il Consiglio di Stato dà ragione al GSE: confermato l’artato frazionamento e negati gli incentivi a Gemsa Energy
Pubblicato il: 7/7/2025
Gli avvocati Enrico Campagnano, Fabio Garella, Francesco Vagnucci e Arturo Cancrini con l'inhouse Antonio Pugliese hanno assistito GSE – Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. L'avvocato Andrea Sticchi Damiani ha rappresentato Gemsa Energy Group S.r.l.
Con sentenza n. 5432/2025, pubblicata il 23 giugno 2025, il Consiglio di Stato, Sezione Seconda, ha accolto l’appello principale proposto dal Gestore dei Servizi Energetici - G.S.E. S.p.A. (RG n. 5691/2024) e ha respinto l’appello incidentale proposto da Gemsa Energy Group S.r.l., riformando integralmente la sentenza del TAR Lazio n. 414/2024 e rigettando il ricorso di primo grado proposto dalla società privata.
La controversia trae origine dal provvedimento del GSE prot. GSEWEB/P20180133837 del 3 maggio 2018, con cui veniva negato l’accesso agli incentivi previsti dal d.m. 23 giugno 2016 per un impianto eolico on shore di potenza pari a 0,060 MW, sito nel Comune di Borgia, ritenuto parte di un’operazione di artato frazionamento con altro impianto contiguo, anch’esso di 0,060 MW, riconducibile alla società Graziella Wind S.r.l.
Il GSE aveva rilevato la contiguità fisica degli impianti, insistenti sulla medesima particella catastale, e la riconducibilità soggettiva degli stessi ad un unico centro decisionale, rappresentato dall’ing. Saverio Pagliuso, socio unico e amministratore unico di Gemsa e, nel medesimo periodo, consigliere di amministrazione di Graziella Wind. Tali elementi, unitamente alla coincidenza temporale delle fasi autorizzative e costruttive, erano stati ritenuti indizi gravi, precisi e concordanti di un frazionamento artificioso finalizzato ad accedere indebitamente alla procedura di accesso diretto agli incentivi, riservata agli impianti di potenza non superiore a 60 kW.
Il TAR Lazio aveva accolto parzialmente il ricorso di Gemsa, ritenendo non dimostrata la contiguità degli impianti per la sola coincidenza della particella catastale dei punti di connessione, senza specifica indicazione del misuratore. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha riformato tale statuizione, valorizzando l’interpretazione sistematica delle disposizioni del d.m. 23 giugno 2016, secondo cui il misuratore di scambio (M1), collocato sul punto di consegna (POD), costituisce parte integrante dell’impianto, essendo funzionale alla quantificazione dell’energia prodotta e, quindi, degli incentivi spettanti.
Il Collegio ha ribadito che, ai sensi dell’art. 5, comma 2, lett. b), del d.m. 2016, devono considerarsi come un unico impianto quelli nella titolarità di soggetti in sostanziale collegamento societario, anche se formalmente distinti. Ha inoltre chiarito che il momento rilevante per valutare la sussistenza dell’artato frazionamento è quello dell’entrata in esercizio dell’impianto, non potendo rilevare eventuali successivi trasferimenti di titolarità.
La sentenza ha anche escluso l’applicabilità del silenzio assenso all’istanza di incentivazione, trattandosi di materia ambientale espressamente esclusa dall’art. 20, comma 4, della legge n. 241/1990, e ha confermato la legittimità del potere del GSE di valutare la sussistenza dei requisiti per l’accesso agli incentivi, senza che ciò comporti indebita interferenza con le competenze comunali in materia di autorizzazioni edilizie.
In conclusione, il Consiglio di Stato ha riconosciuto la fondatezza dell’unico motivo dell’appello principale del GSE, ha respinto integralmente l’appello incidentale di Gemsa e ha condannato quest’ultima al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in euro 6.000,00 oltre accessori di legge.

