Il Comune di Pozzuoli ottiene la conferma del divieto su parcheggio natanti
Pubblicato il: 7/8/2025
L'avvocato Carmela De Franciscis ha rappresentato il Comune di Pozzuoli. L'avvocato Alessandro De Angelis ha assistito Cantieri Nautici Venere s.r.l.
Con la sentenza n. 5465/2025 pronunciata dal Consiglio di Stato, Sezione Quinta, nel procedimento n. 9754/2024, è stato respinto l’appello proposto da Cantieri Nautici Venere s.r.l. contro il Comune di Pozzuoli. Il contenzioso aveva ad oggetto il divieto di prosecuzione dell’attività di parcheggio per natanti su un’area in via delle Colmate n. 113/C a Pozzuoli, disposto con ordinanza comunale, confermando in toto la decisione di primo grado del TAR Campania – Napoli (sentenza n. 3313/2024).
La vicenda ha avuto origine dalla presentazione, da parte dell’impresa La Baia Nautical s.r.l. (successivamente sostituita dall’appellante), di una SCIA per l’avvio di attività di parcheggio natanti. Il Comune aveva però contestato la mancanza di regolarità urbanistico-edilizia dei locali, in quanto le costruzioni presenti sull’area risultavano prive di titoli edilizi e la zona era classificata come “Agricola su area Archeologica”, dunque sottoposta a vincoli specifici. L’amministrazione aveva conseguentemente inibito l’attività, ordinando la cessazione immediata della stessa.
L’appellante aveva criticato la sentenza di primo grado su più fronti: erronea interpretazione della classificazione catastale "ente urbano"; mancata confutazione delle proprie osservazioni procedimentali; errata applicazione della normativa sul condono edilizio; eccesso di potere per non aver limitato il divieto ai soli manufatti abusivi. Secondo la ricorrente, la nozione di "ente urbano" sarebbe neutra rispetto all’abusività e comunque, in pendenza di domanda di condono, sarebbe stato doveroso mantenere l’uso dei locali finché non decisa la sanatoria.
Il Consiglio di Stato ha respinto tutti i rilievi avanzati da Cantieri Nautici Venere s.r.l., aderendo agli orientamenti già espressi dal TAR e dalla giurisprudenza amministrativa. Centrali nella decisione sono stati i seguenti profili giuridici: - il legittimo esercizio di un’attività commerciale è subordinato alla regolarità urbanistico-edilizia dei locali (Sez. V, n. 9786/2022); - non c’è prova che, alla data della SCIA, l’attività commerciale fosse già in essere sui manufatti oggetto di domanda di condono, il cui uso non poteva essere ampliato in costanza di procedimento di sanatoria; - il vizio motivazionale non sussiste, poiché l’ordinanza comunale indicava con chiarezza le ragioni della propria determinazione, ossia l’assenza di regolarità urbanistica dei manufatti abusivi; - le norme sulla partecipazione procedimentale non impongono all’amministrazione una analitica confutazione di ogni rilievo presentato dal privato, bastando che siano chiare e comprensibili le motivazioni adottate; - la SCIA resta una dichiarazione privata, non un provvedimento amministrativo, pertanto le relative procedure sulla partecipazione non risultano direttamente applicabili.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto sufficiente la sussistenza dell’abusività dei manufatti per giustificare il divieto di prosecuzione dell’attività, prescindendo da ulteriori questioni urbanistiche o archeologiche. Per tali ragioni ha respinto l’impugnazione e ha condannato l’appellante al pagamento delle spese di giudizio per € 5.000, oltre accessori di legge.

