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R.I.D.A. Ambiente ottiene la conferma della sentenza: inammissibile la revocazione proposta dalla Regione Lazio


Pubblicato il: 7/10/2025

Gli avvocati Teresa Chieppa e Rosa Maria Privitera hanno assistito la Regione Lazio. Gli avvocati Harald Bonura, Francesco Fonderico, Giuliano Fonderico e Gianlorenzo Ioannides hanno rappresentato R.I.D.A. Ambiente s.r.l. L’avvocato Gianluca Sasso ha assistito C.S.A. Centro Servizi Ambientali s.r.l.

Con sentenza n. 5537/2025, pubblicata il 25 giugno 2025, il Consiglio di Stato, Sezione Quarta, ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione proposto dalla Regione Lazio avverso la precedente sentenza n. 7208/2024, confermando la legittimità dell’annullamento dei provvedimenti regionali che avevano autorizzato l’incremento della capacità di trattamento dell’impianto di C.S.A. Centro Servizi Ambientali S.r.l. per i rifiuti urbani indifferenziati.

La vicenda trae origine dal contenzioso promosso da R.I.D.A. Ambiente S.r.l., titolare di un impianto TMB, contro la Regione Lazio e C.S.A., in relazione alla modifica dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) concessa nel 2021 a quest’ultima, che consentiva l’aumento della capacità di trattamento di rifiuti urbani indifferenziati tramite impianto TM. Il TAR Lazio, sede di Latina, aveva accolto il ricorso di R.I.D.A., rilevando l’incompatibilità dell’impianto TM con le BAT europee del 2018, che impongono l’uso esclusivo di impianti TMB per tale tipologia di rifiuti, e l’omesso riesame dell’AIA da parte della Regione.

La sentenza del TAR è stata confermata dal Consiglio di Stato con la decisione n. 7208/2024, che ha respinto l’appello di C.S.A., ritenendo infondate le eccezioni di inammissibilità e improcedibilità e ribadendo l’obbligo di adeguamento degli impianti alle BAT entro il termine quadriennale previsto dalla normativa.

La Regione Lazio ha successivamente proposto ricorso per revocazione, sostenendo che la sentenza d’appello sarebbe viziata da un errore di fatto, in quanto avrebbe erroneamente escluso che l’impianto di C.S.A. fosse contemplato nel Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti (PRGR) del 2020. Secondo la Regione, tale errore emergerebbe dal confronto con i documenti di causa, che farebbero riferimento all’esistenza di tre impianti TM, tra cui quello di C.S.A.

Il Consiglio di Stato ha tuttavia rigettato tale tesi, ritenendo che l’errore prospettato non integri un errore di fatto revocatorio ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c., in quanto non immediatamente percepibile e frutto di un complesso ragionamento interpretativo. Inoltre, ha rilevato che la questione era oggetto di specifica controversia e valutazione da parte del giudice, escludendo così la possibilità di configurare un errore revocabile.

La sentenza ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione e condannato la Regione Lazio al pagamento delle spese processuali in favore di R.I.D.A. Ambiente S.r.l., liquidate in euro 8.000,00, compensando invece le spese nei confronti di C.S.A. Centro Servizi Ambientali S.r.l.

La decisione conferma la stabilità della precedente pronuncia e ribadisce i limiti rigorosi entro cui può essere ammessa la revocazione delle sentenze amministrative.